Arte e artigianato. Magia, ritualità e seduzione nella scrittura del tappeto berbero

tappeti berberi
Foto: J. Ing. Pietro Ravasi

Vernice bagnata sui colori infuocati dei tessuti tribali annodati a mano dalle donne berbere, nell’allestimento open-air dello studio di grafica editoriale Ready-made al Fuori Salone milanese di sabato 17 aprile.

Il freewriter Gaetano La Rosa commenta le rivisitazioni di Mohamed El Alami per la linea Berber Rugs di Afolki nella suggestiva cornice ottocentesca di un cortile interno, rivestito di arazzi e illuminato da lanterne.

Una magnifica installazione – afferma La Rosa – i tappeti tradizionali berberi erano stati collocati anche sui davanzali delle finestre e la pioggia giunta all’improvviso ha contribuito ad esaltare i timbri brillanti dei colori. Notevole pure la conferenza dell’esperta Chiara Battini.

Che valore ha il tappeto all’interno della tribù?

Il tappeto è l’unico oggetto di scambio per queste comunità del Maghreb, originariamente nomadi e autosufficienti, ma oggi per lo più stanziali. Le artiste sono donne: le tessitrici berbere gestiscono tutte le fasi della lavorazione, creano il tappeto in forma rituale, con simbolismi precisi e codificati, storie e messaggi che sono segni di identità e di appartenenza.

Che materiali vengono usati e che colori?

Lane e pigmenti vegetali. Prevalgono i gialli, i rossi e i neri, tratti da henné, cocco, melograno.

Nel caso dei tappeti Boucherouite del Medio Atlante, i manufatti sono tessuti con materiali di recupero, tra cui stracci di cotone e fibre sintetiche. Invece per gli Azilal sono praticate tecniche sempre diverse e disegni discontinui. Questa libertà nei confronti della tradizione può derivare dal Sufismo, la corrente mistica dell’Islam, cui si riconducono anche certe cerimonie di guarigione affidate al potere ipnotico della musica, suonata su strumenti arcaici e componente imprescindibile della cultura magrebina.

Qual’è l’origine e il significato delle geometrie berbere?

La leggenda vuole che l’arte del tappeto venga dall’India. I disegni provengono con certezza dal tatuaggio iniziatico praticato originariamente con l’henné sul volto delle giovani in età da marito e poi, nelle successive fasi della vita anche sul corpo, spesso con scopo apotropaico. In Tunisia è sopravvissuto, in occasione dello sposalizio, il rito della Hinna, in cui la futura sposa viene completamente depilata e tatuata nei tre giorni prima delle nozze.

A causa delle interdizioni religiose, tuttavia, i tatuaggi sono stati trasferiti su tappeti, vestiti e amuleti.

Ad esempio, i tappeti Beni Ouarain recano il motivo del graticcio, che raffigura la tenda. Entro ogni losanga, tuttavia, vi sono altri segni che rimandano alla vita all’interno dell’abitazione: l’occhio, così come la mano e il pesce, difendono dal male. Inoltre gli spiriti si danno alla fuga se nella trama del tappeto viene inserito uno specchio e lo stesso motivo romboidale è anche rappresentazione del sesso femminile, custode dell’eredità berbera.

» Nodi che legano. Il tappeto berbero tra espressività tradizionale e design contemporaneo
Ready-made studio editoriale
Foro Buonaparte, 44/A – Milano
14-18 aprile 2010

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Intervista a cura di Roberta Reali

Foto a cura di J. Ing. Pietro Ravasi
Fotografo Ufficiale A.S. SHARKS Monza ONLUS | www.sharksmonza.net
info@fotopiter.com


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