
Domenica primo agosto, Venezia Jazz Festival.
Nell’atrio di Palazzo Grassi scorrono in b/w immagini di Cuba sul riverbero delle prime note, in sordina, della tromba di Paolo Fresu, accompagnata dall’incalzare del bandoneon di Daniele di Bonaventura.
Uno strumento, quest’ultimo, che Hugo Pratt talora si dilettava a suonare, cantando canzoni per intrattenere gli amici.
Il dialogo tra musica, immagini e letteratura dedicato al grande maestro del fumetto si realizza Sulle strade dell’avventura, nei luoghi prattiani e non, rivisitati dalle foto di Pino Ninfa: sulle tracce della “porsche di Hemingway” a Cuba, poi nella Buenos Aires del tango e degli anni giovanili e nell’Africa degli Scorpioni del deserto, che nell’eccelsa interpretazione di Fresu diventa anche l’Africa di Coltrane; nel Missisipi del blues, dove tra chitarre, ottoni e percussioni spunta la tomba di Robert Johnson; nella settecentesca villa di Arconate, dove è comparsa una lettera dall’Etiopia

di Arthur Rimbaud.
Tra luci ed ombre emergono il volto, le mani e il piano di Michel Petrucciani, una splendida Fenice e poi foto di Venezia e di San Lazzaro degli Armeni. Infine, gli ultimi, commoventi, ritratti di Hugo Pratt ripreso insieme alle sue tavole di letteratura disegnata nello studio di Grandvaux, poco prima della sua scomparsa. Il concerto si conclude con il fantastico duetto tra Bonaventura e Fresu: calatosi tra il pubblico, quest’ultimo riesce quasi a sospendere lo scorrere del tempo sulla nota finale, tenuta sullo strumento per quasi due minuti.
Una performance, quella dell’artista sardo, che ne conferma il talento carismatico dal timbro essenziale, devoluto all’attenzione di un pubblico stregato.
Anticipato da una piccola esposizione al Caffè Quadri, l’affascinante evento multimediale del Grassi, ricco di richiami letterari, è incominciato proprio col ritrovamento del servizio fotografico sull’artista veneziano, originariamente concepito per la rivista Max, ma rimasto inedito a causa della scomparsa di HP.
Pino Ninfa
Come hai conosciuto Hugo Pratt?
Io lavoravo presso Rizzoli e lui era un disegnatore della stessa casa editrice: un giorno ci siamo incrociati per caso e così nell’inverno del 1994 è nato questo servizio per Max, che in realtà non è mai apparso perchè nel frattempo Pratt è deceduto (20 agosto 1995, ndr.).
Le tavole che hai fotografato allora sono quelle della sua ultima storia?
Esattamente, sono quelle di Saint-Exupery – L’Ultimo Volo, il suo ultimo fumetto.
Com’è nato l’omaggio ad HP, in collaborazione con Paolo Fresu?
Facendo il trasloco del mio studio ho trovato la scatola con le foto e mi è venuta voglia di dedicargli questo omaggio con i tanti racconti e le tante storie che ho realizzato per il mio lavoro. La scelta di Paolo Fresu è venuta da sé: ci conosciamo da parecchio tempo e insieme abbiamo già collaborato ad altri progetti multimediali.
Paolo Fresu

Quale immagine ti viene a mente pensando al jazz?
Certamente un’immagine in bianco e nero, come i vecchi vinili e le vecchie fotografie d’epoca. Insomma, per quanto in tutti questi anni il genere si sia evoluto penso che l’immagine, l’icona del jazz sia sempre la stessa – molto pulita, molto rigorosa, forse solo un po’ sporca – in quanto rappresenta quel dato momento storico.
L’Africa, Venezia, il tango, il blues: quali sono le suggestioni che ti hanno maggiormente impressionato in questo viaggio fotografico?
Ho cercato di non focalizzare troppo l’attenzione su quei luoghi e su quei continenti. Ne conoscevo le storie perchè, dopo aver lavorato sulle immagini, ne avevo discusso a lungo con il fotografo, tuttavia questo non voleva essere un percorso didascalico che in qualche modo facesse da colonna sonora alla moda dell’Argentina o alla macchina di Hemingway a Cuba, ma un viaggio moderno e contemporaneo in cui i linguaggi in parte si mischiano, cercando di mantenere una traccia del sapore e del colore di quei luoghi.
E magari è scaturita qualche eco musicale nella memoria associata ai luoghi del viaggio?
Dell’Africa c’era l’aspetto mistico, l’arcaicità del continente, poi c’era Venezia col suo barocco, mondi diversi che però non ho mai affrontato in modo diretto anche perchè sul palcoscenico eravamo in due. Dipingere un quadro significa utilizzare molti colori: in questo i caso i colori che, per scelta, avevamo a disposizione non erano molti. C’era un bandoneon, che trasporta subito il suono in Argentina ma che, in questo caso, doveva portare anche altrove – e poi c’era una tromba. Volevamo percorrere questi continenti con ritmi contemporanei, come spesso accade a noi musicisti che viaggiamo molto. Un giorno si arriva a Cuba e il giorno dopo magari si è in Africa, quindi si può cogliere qualcosa, anche se allo stesso tempo non c’è modo di vivere le cose se non con quel distacco che a volte è discutibile ma che altre può far bene, perchè permette di vedere a distanze interessanti.
Cosa ti ha ispirato della personalità, della poetica, del fumetto di Hugo Pratt?
Io conoscevo, un po’ come tutti, il lavoro di Hugo Pratt; ho letto cose sulla sua vita, ma purtroppo non ho avuto la possibilità di incontrarlo personalmente. L’ispirazione è venuta dal senso del viaggio, dal racconto di quei personaggi straordinari che ci siamo portati appresso durante l’intera performance. Quello che mi ha ispirato di più quindi è un ricordo di cose viste in passato che poi è diventato il motivo conduttore di questo concerto.
Omaggio a Hugo Pratt – Sulle strade dell’avventura
Venezia Jazz Festival
Palazzo Grassi,
Campo San Samuele
3231 – Venezia
Domenica 1° agosto 2010, ore 21:30