67^ Biennale Cinema Venezia – I film premiati

Con la proiezone di una spettacolare Tempesta si conclude al Lido di Venezia la 67a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica: non pesano i quattrocento anni del dramma Shakespeariano in cui il potere della magia viene superato dalla compassione.
La regia è di Julie Taymor (autrice di Frida e di Across the Universe) con la partecipazione di una stepitosa Helen Mirren  nel ruolo di un Prospero tutto

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La regista Julie Taymor e gli interpreti Helen Mirren e Djimon Hounsou (The Tempest) foto Francesca Galluccio

volto al femminile, che disegnando effetti speciali e quadri astrali tra terra e cielo riesce a dominare tutti gli elementi di natura e, infine, anche la propria sete di vendetta.

Quest’anno al Lido una kermesse di 84 film in prima internazionale, di cui 24 in concorso e gli altri distribuiti nelle sezioni Fuori Concorso, Orizzonti, Controcampo italiano, che puntualmente suscita vivaci controversie al momento della premiazione: infatti contestatissimo quest’anno il leone d’oro al film Somewhere di Sofia Coppola, stigmatizzata come ex-fidanzata del presidente della Giuria, il  vulcanico Quentin Tarantino, come se non avesse già dato prova di sé in Lost in Translation e in Marie Antoniette.

Stephen Dorff ed Elle Fanning in Somewhere
Stephen Dorff ed Elle Fanning in Somewhere di Sofia Coppola

In realtà il film, che non si eleva dalla qualità non eccezionale dei lungometraggi in concorso, è godibile, coerente e ben confezionato, protagonista un attore, l’annoiatissimo Stephen Dorff, che vive una vita completamente artificiale nel lusso dello star system holliwoodyano in un susseguirsi di episodi e camei, ambientati nel retroscena tra alcool e donnine a go-go, nella cornice del leggendario Hotel Chateau Marmont di L.A. La chiave per la consapevolezza gli viene porta dalla bella Elle Fanning, nei panni della figlia undicenne.
Eleganti l’apertura e la chiusura del film, affidate al movimento di una Ferrari 458 nera.

Leone d’Oro per l’insieme dell’opera a Monte Hellman che, già regista di culto (scopritore di Tarantino e produttore delle “Iene”), dopo ventidue anni torna alla regia con l’affascinante Road to nowhere, un noir romantico in cui è ripercorso il classico tema meta-cinematografico del film nel film (e quindi, dell’identità) con una narrazione anticlassica e depistante che nel finale s’interroga  sul rapporto tra realtà e desiderio. Computer e cineprese sono specchi su cui si riflette la storia tra il regista e la bellissima prima attrice (Shannyn Sossamon), parallelamente a quella del politico corrotto e di una femme fatale nella finzione del set. Il film è elegante e ricco di indizi musicali, artistici, letterari e cinematografici; tra questi ultimi, le più esplicite citazioni di Lady Eva, Lo spirito dell’alveare, Il settimo sigillo.
Una curiosità: l’opera d’arte più citata del festival, dallo stesso Helmann ma anche da John Turturro (nella sua Passione partenopea) è Le sette opere di misericordia di Caravaggio, custodito nello scenario della Chiesa del Pio Monte della Misericordia a Napoli.

Shannyn Sossamon, protagonista di Road to Nowhere, foto Francesca Galluccio
Shannyn Sossamon, protagonista di Road to Nowhere, foto Francesca Galluccio

Leone d’argento per la regia e il premio Osella per la sceneggiatura ad Alex de la Iglesia con Balada triste de trompeta,  film tarantiniano, grottesco e splatter, dalla potente originalità visiva, che racconta la storia di due pagliacci che combattono per l’amore di un’acrobata sullo sfondo della caduta della dittatura franchista.

Carolina Bang
Carolina Bang, interprete di Balada Triste de Trompeta (foto Francesca Galluccio)

Coppa Volpi per il miglior attore al fantasmatico Vincent Gallo, protagonista di Essential Killing di Jerzy Skolimowski (Premio Speciale della Giuria), in un film freddo e tagliente, che racconta la storia efferata di un prigioniero talebano braccato nella tundra europea, che la fotografia nitida e la regia magistrale di Skolimowski rende nei colori del bianco del nero e del sangue.

La migliore interpretazione femminile è stata giudicata quella della giovane Ariane Labed nel film Attenberg della regista greca Athina Rachel Tsangari per una storia di ordinaria alienazione vissuta in una periferia costiera senza nome.

Il Premio Marcello Mastroianni va invece alla giovane attrice emergente Mila Kunis, la ballerina in competizione con Nathalie Portman nel film Black Swan di Darren Aronofsky, un tipico thriller psicologico americano, cui partecipano anche Vincent Cassel, Barbara Hershey e Winona Ryder.

L’Osella per la miglior fotografia a: Mikhail Krichman per il film Ovsyanki (Silent Souls) di Aleksei Fedorchenko (Russia) poetico addio di un marito alla moglie nella tradizione dei Merja, una tribù ugro-finnica della Russia centro-occidentale in via di estinzione.

Nesun premio agli italiani, anche se sarebbe stato il caso di dedicare una menzione all’affresco di Martone sul Risorgimento, Noi credevamo, al di là dell’indiscusso valore filmico, per una motivazione politica: non dimenticare il brutale assassinio di Angelo Vassallo (6 / 09 / 2010), sindaco ecologista di Pollica, paese che era stato tra gli scenari del film. Il sindaco avrebbe dovuto presenziare alla prima del film.

Una risposta a “67^ Biennale Cinema Venezia – I film premiati”

  1. Non ho visitato la mostra, ma mi riservo di vedere almeno qualche film quando saranno messi a disposizione dalle mie parti. Peccato però che anche stavolta l’Italia è stata la solita cenerentola, e si premiano sempre pellicole che forse non sono superiori alle italiane.

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