
Si è conclusa domenica, presso il veneziano Palazzo Cavalli Franchetti (che ospiterà dal 4 giugno l’evento collaterale della 54. Biennale, Glasstress) la prima personale in Italia dedicata a Lino Tagliapietra, artista vetraio muranese apprezzato in Italia e all’estero per l’eccezionale creatività e la particolare eleganza delle sue “forme soffiate”.
La mostra, dal titolo: Lino Tagliapietra. Da Murano allo Studio Glass. Opere 1954 – 2011, promossa dall’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, con il contributo di Regione Veneto e il patrocinio di Provincia e Comune di Venezia, verteva innanzitutto su una sezione storico evolutiva dell’artista e comprendeva una selezione di pezzi unici degli ultimi dieci anni, tra cui alcune installazioni inedite di sorprendente impatto visivo.
Nato a Murano nel 1934, nel ’56 Tagliapietra è stato maestro nella vetreria Ferro e dopo aver collaborato con Venini e La Murrina, nel ’76 è entrato a far parte della Effetre International come direttore artistico. Nel ’79 ha insegnato alla Pilchuck Glass School di Stanwood –nello stato di Washington- e in altri luoghi degli Stati Uniti, oltre che in Francia, Giappone e Australia, entrando così in contatto con differenti personalità artistiche e sperimentando quindi, pur senza rinnegare le proprie tradizioni, incredibili e personali innovazioni tecniche). Le sue opere sono esposte nei più importanti musei europei ed extraeuropei, oltre che nel Museo del Vetro di Murano.
Distintosi come uno dei più importanti interpreti del vetro contemporaneo, l’artista esplora le diverse capacità della materia attraverso l’utilizzo di canne vitree che compone personalmente, secondo particolari cromatismi, dando così vita ad opere inedite e suggestive, talvolta completate da specifici interventi superficiali ottenuti grazie alla “molatura”.

Oltre ad avere una salda formazione tecnico-vetraria, Lino si è sempre e comunque dimostrato aperto all’innovazione e alla sperimentazione, trasformandola poi in un linguaggio artistico proprio e ben definito, riconoscibile anche dall’occhio meno esperto. Non si è limitato quindi, ad accettare e utilizzare le tecniche che gli sono state insegnate, ma ne ha create delle proprie. La sua esperienza negli Stati Uniti l’ha portato a conoscere e apprezzare l’arte nativa americana, tanto che alcune sue opere come gli Hopi e i Makah, si ispirano proprio ai manufatti di queste tribù, riprendendone le forme delle ceramiche o gli intrecci dei cesti. Ovunque mi sembra ci sia una sorta di “contaminazione”, se non vissuta personalmente, comunque in qualche modo recepita. Nei Masai africani appesi alla parete a mo’ di quadro (quelli dorati nascondono dettagli ispirati alla natura, come alberi, foglie e serpenti) nelle collezioni Fuji e Osaka, nelle “pennellate” dei vasi Provenza, nelle Borbolete “brasiliane” e nell’installazione Avventura, che denota il fascino del maestro per la vetreria archeologica.
L’artista, che realizza i suoi lavori tra Murano e Seattle, ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo dello “Studio Glass”, il movimento nato negli anni settanta negli Stati Uniti. Specie all’inizio, la sua, è stata una figura molto importante per gli studenti e i giovani artisti americani, soprattutto per via della tecnica a loro quasi del tutto sconosciuta; mentre proprio la loro libertà, la mancanza di vincoli legati alla tradizione, la voglia di fare e l’entusiasmo, sono stati un forte stimolo per lui, tanto da spingerlo ad osare insolite dimensioni e singolari accostamenti cromatici.
Visitare questa mostra è stata un’esperienza appagante. Non solo per la magia del vetro, per i reticolati, gli incisi, i battuti, le filigrane e gli incalmi che si susseguono; il variare continuo dei toni e dei profili, delle strutture mosse e vive, ma anche per l’audacia delle forme che ne derivano. Girare attorno all’oggetto che cambia lineamenti e sfumature, si contorce e sorprende, provoca emozioni inaspettate. Una delle installazioni più notevoli è stata sicuramente Endeavor, una serie di gondole appese al soffitto tramite sottili fili d’acciaio, che fluttua nell’etere di una stanza. A mio avviso, Lino Tagliapietra è stato ed è un artista all’avanguardia e perché no, anche di controtendenza “muranese”. Chissà se ci sarà un “continuum” o se rimarrà un artista unico!
Ciò che rende originale il suo lavoro comunque, è la forte personalità delle sue opere, unita ad una eccellente comunicatività.
Francesca Galluccio
Lino Tagliapietra. Da Murano allo Studio Glass. Opere 1954 – 2011
19 febbraio – 22 maggio 2011
Palazzo Franchetti Cavalli
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