
Ecco a seguire uno sguardo retrospettivo al Cinema con l’analisi “a freddo” e le foto originali della nostra inviata Francesca Galluccio.
Il Leone d’oro per il miglior film se lo è aggiudicato il “Faust” di Aleksander Sokurov. La pellicola, tratta dall’ omonima tragedia di Johann Wolfgang Von Goethe, ha entusiasmato sin da subito il pubblico. Parte finale di una tetralogia sul potere iniziata nel 1999 con “Moloch”, proseguita nel 2000 con “Taurus” e nel 2005 con “Il Sole” -dedicati rispettivamente alle figure politiche di Adolf Hitler, Vladimir Lenin e l’Imperatore Hirohito- il Faust Sokuroviano non è una vera e propria trasposizione cinematografica dell’opera letteraria di Goethe, ma il racconto di un personaggio simbolico e fittizio, che il cineasta russo utilizza per trattare i temi universali dell’uomo e le sue paure.

“E’ un’opera fondamentale della cultura europea, la base di partenza della creazione e il nucleo di tutto quanto può succedere a un essere umano”. Sokurov sceglie l’ambientazione ottocentesca, mantiene la lingua tedesca e l’idea tragica di fondo, per cui la condizione umana consisterebbe in un continuo errare. Il team, capitanato da Darren Aronofsky, dopo aver chiesto di poter rivedere due volte la pellicola, lo ha votato all’unanimità, commentando così la scelta: “Ci sono film che fanno piangere, ridere, pensare, commuovere, film che cambiano per sempre le vite. E questo è uno di quei film”.
Il cinema orientale è invece protagonista degli altri premi principali della mostra.
“People mountain people sea” (Cina – Hong Kong) opera seconda del regista cinese Cai Shangjun, si è aggiudicato il Leone d’argento per la migliore regia.

Presentato come “film sorpresa”, Ren Shan Ren Hai (questo il nome cinese) racconta il viaggio di un uomo che, nel tentativo di raggiungere il proprio scopo, viene a contatto con una realtà che non lascia speranza, che lo rivela impotente di fronte alla giustizia e alla corruzione umana, tanto da farlo sentire inadeguato; è un film che parla di vendetta, ma anche di denuncia sociale.
“La visione del film ci ha colpito profondamente. Le sue inquadrature hanno insegnato qualcosa a tutti noi, soprattutto grazie a ciò che non veniva mostrato. Il film ci ha permesso di visitare un mondo che non conoscevamo e che speriamo di non dover più vedere”. – Darren Aaronofsky.
Tutti pensavamo alla Kate Winslet di Carnage, invece la coppa Volpi per la migliore attrice femminile è andata alla cinese Deanie Yip, interprete del film: “Tao Jie -A simple life” (Cina – Hong Kong) di Ann Hui, un commovente e delicato viaggio nel tema della vecchiaia; mentre quella per il miglior interprete maschile se l’è conquistata Michael Fassbender per “Shame” (Gran Bretagna) di Steve McQueen.

Drammatica e angosciante storia di un uomo ossessionato dal sesso; un’esistenza dove il piacere non ha nulla a che fare con la sana e liberatoria soddisfazione carnale, ma al contrario, si trasforma in sopravvivenza.
I giapponesi Shota Sometani e Fumi Nikaido – protagonisti di “Himizu” di Sion Sono – film liberamente tratto dall’omonimo manga dark di Minoru Furuya, successivamente riadattato alla terribile vicenda del disastro di Fukushima- hanno ricevuto invece il riconoscimento come migliori attori giovani ed emergenti con il premio Marcello Mastroianni.
“La giuria ha trovato le perfomance dei protagonisti forti ed estreme. Gli attori sono la quintessenza della gioventù e dei conflitti generazionali, in Giappone come in America”.- Darren Aaronofsky

L’Osella per la miglior fotografia è stata assegnata a Robbie Ryan per il film “Wuthering Heights” (Gran Bretagna) di Andrea Arnold –riadattamento cinematografico del romanzo Cime Tempestose di Emily Bronte- mentre quella per la miglior scenografia è andata a Yorgos Lanthimos e Efthimis Filippou per il criptico film “Alpis” -Alps (Grecia) di Yorgos Lanthimos, forse la vera sorpresa.
Soddisfazione per l’Italia con Crialese.
“Dal momento in cui abbiamo visto il film,abbiamo subito deciso di dargli un premio. L’unico problema era capire quale. Per tutti noi era uno dei film più completi. Il fatto che il film abbia una dimensione politica, per me personalmente, ha avuto un grande significato”. – Darren Aronofsky.

Dopo la delusione della scorsa edizione guidata da Quentin Tarantino, quest’anno si è parlato,infatti, di riscossa italiana per due film, entrambi sull’immigrazione -uno dei temi forti di quest’ anno- con il premio speciale della giuria a Emanuele Crialese per “Terraferma” (drammatica storia degli sbarchi di migranti sull’isola di Lampedusa) e il premio Luigi De Laurentis a “La-Bas” – Educazione criminale di Guido Lombardi, altro bel film di impegno sociale (la vicenda dei sei africani uccisi dalla camorra) oltre al Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio a “In attesa dell’Avvento” di Felice D’Agostino e Arturo Lavorato e il Leone d’Oro alla Carriera a Bellocchio.A consegnare il premio sul palco della sala Grande, assieme al direttore Marco Muller, il regista Bernardo Bertolucci.
“Sono soddisfatto di questo Leone d’oro, certo,altrimenti sarei un pazzo o un ingrato. E’ il riconoscimento a una carriera in cui ho cercato di essere sempre fedele alle mie idee e alle mie immagini, pur cambiando. Credo ai cambiamenti, credo che la gente possa cambiare”. – Marco Bellocchio.

La cerimonia di premiazione è avvenuta dopo la proiezione del documentario fuori concorso: “Marco Bellocchio – Venezia 2011” di Pietro Marcello. A seguire, invece, la nuova versione di “Nel nome del padre” -film del 1971- rielaborato da Cinecittà Luce.
“Sono un ribelle che ha rinunciato alla violenza, un rivoluzionario moderato che rivendica la possibilità di cambiare, cosa che per una certa cultura equivale ad una provocazione, ciò che non è cambiato è lo stare dalla parte di qualunque debole e soprattutto di chi non predica la rassegnazione. Per questo continuo a credere che la cosa più preziosa per un artista sia la libertà d’immaginazione”. – Marco Bellocchio

Per i due maestri del cinema italiano, visibilmente emozionati, applausi scroscianti e una lunga standing ovation.
Consensi unanimi anche per “Wilde Salomè” di Al Pacino -backstage di uno spettacolo recitato a Los Angeles, che diventa spunto per ricerche, approfondimenti, analisi- presentato fuori concorso e vincitore del premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker 2011.
Restano a bocca asciutta quindi, alcuni dei grandi favoriti, apprezzati però da pubblico e critica, in particolare “Carnage” -film che segna il ritorno alla regia di Roman Polanski– e “Le idi di marzo” di George Clooney, ma anche “A dangerous method” di David Cronenberg.
Applausi per “Killer Joe” di William Friedkin, il regista di: ‘L’esorcista’ e ‘Il braccio violento della legge’ ma anche per “Poulet aux prunes” di Marjane Satrapi, autrice di Persepolis.
Sorpresa italiana: L’ultimo terrestre di Gipi, autore di fumetti alla sua opera prima sul grande schermo. Ritratto di un’Italia scontrosa che si misura con l’immigrazione di extraterrestri.
Questa edizione si è rivelata interessante, ma legata comunque ad una selezione tendenzialmente ‘ingessata’. Undici, infatti sono stati i film tratti da opere letterarie – tra cui il vincitore – quattro da libri e romanzi, quattro da testi teatrali e tre da fumetti.
Francesca Galluccio