
Che sia ormai risaputo quanto l’arte contemporanea debba alla Teosofia, questo è palese, anche se non ai più. Una Biennale in cui la parte storica si apre ai giardini con il Libro rosso di Jung come pezzo forte della mostra, effettivamente non s’era mai vista, mentre le lavagne disegnate da Rudolph Steiner, la cui figura è stata recentemente celebrata dal Mart di Rovereto, erano già state esposte nell’ambito della Biennale 1995, presso l’Associazione Culturale Italo-Tedesca.
Si pensi quanto possa aver influito sull’elaborazione del concetto d’inconscio collettivo lo studio comparato di filosofie e religioni compiuto da questo padre della psicanalisi, integrato con la ricerca delle leggi inesplorate della natura, dei poteri latenti nell’uomo e il riconoscimento della fratellanza universale di tutti gli esseri, fondata su di un reale concetto d’unità cui appartiene l’idea di mente universale.

Gustav Jung infatti frequentò il gruppo Eranos tenuto da Olga Fröben Kapteyn all’interno della comunità teosofica di Monte Verità, ad Ascona, meta di artisti come Kandinsky, Klee, Kupka, Arp, Duchamp-Villon, Schlemmer, El Lissitzky, Jawlensky, Von Laban, Isadora Duncan, Charlotte Bara, ovverosia, alcuni tra i massimi riformatori dell’arte contemporanea, spesso ospiti dell’Hotel Bauhaus firmato Emil Fahrenkamp, di proprietà del barone e collezionista E. von der Heydt. In questo crocevia di culture si recarono, tra gli scrittori, Franz Kafka, Tomas Mann ed Herman Hesse, tra i politici, Lenin, Trotzky, Bakunin, quindi, pensatori come Károly Kerény, Mircea Eliade, orientalisti come Heinrich Zimmer, Richard Wilhelm, Nicholas Roerich (che fu raffinato pittore), Giuseppe Tucci, psicoanalisti come Roberto Assagioli, antropologi del calibro di Fritz Saxl, famosi occultisti come Henry Corbin e Alice Bailey.

Qui Jung tenne un ciclo di conferenze che ebbero proprio come oggetto di studio l’incontro tra oriente e occidente. Qui, dall’incontro con il Whilelm, nacque la pubblicazione dell’I Ching, uno dei libri più antichi del mondo, sul quale si fonda l’intera cultura cinese: basti pensare che Lao Tze e Confucio s’ispirarono a questo grande classico. Qui fu divulgato per la prima volta Il Libro rosso, pubblicato solo qualche anno fa, summa dalle esperienze interiori, private, del grande psicoanalista, finora, mai considerato dalla critica quale “artista”.
Sono presenti, d’altronde, in questa mostra molti artisti estremo orientali di notevole statura, come ad esempio il giapponese Schinichi Sawada, affetto d’autismo, che crea dal 2001 magnifiche sculture in terracotta raffigurando incarnazioni del proprio inconscio, simili ad animali, totem, spiriti di natura il cui affascinante equilibro formale coincide con la perfezione estetica e terapeutica. Terapeutici (oltre ai disegni di Emma Kuntz e all’arte cinetica di Otto Piene, e altri) i dipinti del cinese Guo Fengyi, affetto da artrite acuta, che evoca entro nuvole di colore il paesaggio taoista e le entità che dimorano nell’animo umano.
Un altro dei plus di questa Biennale è infatti quello di esibire anche “non artisti”, in omaggio al precetto anarchico dell’Art Brut (Dubuffet) che avvalora l’esperienza artistica “dei bambini, dei malati di mente, dei popoli primitivi”. Quindi i dipinti degli Shaker americani, i disegni degli stregoni dell’Oceania, gli affascinanti dipinti tantrici dell’India, da Haiti le bandiere Vodoo (accanto a Balka, Baj, Schärer, nella stanza curata da Cindy Sherman), gli ex-voto di Romituzzo, i panhos dei carcerati ispano-americani, e molte altre mirabilia. In un clima generale di rivalutazione dell’antroposofia steinerina, riaffiora il concetto che Joseph Beuyes stigmatizzò nella frase “ogni uomo è un artista”.

Hilma af Klint , già ampiamente storicizzata come pioniera dell’astrazione, è un’altra artista e teosofa presente in questa mostra: la Klint si avvicinò inizialmente alla Teosofia per “disintossicarsi” dallo spiritismo, fenomeno che aveva attratto molti intellettuali dell’epoca, e per arginare il quale, tra altre e più importanti ragioni, sorse la Società Teosofica, fondata a Londra nel 1875 a New York da Helena Petrovna Blavatsky ed Henry Steel Olcott. Alfine ella ne trasse, per prima, la pittura astratta, come accadde poi a Wassily Kandinsky e Jackson Pollock. Presente, tra gli altri, anche un film breve dell’americano Harry Smith, forse un cenno al contributo che la Teosofia diede al cinema, che trovò il primo e tra i più grandi adepti nel cineasta Jean Renoir.

Ci fu chi, invece, in seno alla stessa Società, ricercò il potere personale attraverso l’occultismo più deteriore: per questa ragione fu radiato e tuttavia diventò uno dei più noti idoli delle cerchie sataniche. Si tratta del misterioso Alister Crowley, presente in questa mostra al Padiglione Centrale dei Giardini, con i suoi inquietanti Tarocchi “egiziani” dipinti dalla collaboratrice Frieda Harris. Per inciso, il Crowley, inizialmente, aveva fatto parte di una circolo illustre, che aveva avuto come membri quello che fu considerato il più grande poeta del Novecento, William Butler Yeats, nel clima postromantico che aveva visto come precursori Percy Bisshe Shelley, Mary Shelley, moglie del poeta e autrice di Frankestein, e Bram Stoker, autore di Dracula. Il tema stesso dell’esposizione, il Palazzo Enciclopedico, memore del progetto tatliniano di Marino Auriti, (ancora un “non artista”) riferendosi alla conoscenza universale, per un verso fa pensare proprio al tipo di conoscenza/coscienza/saggezza, o “Divina Sapienza” cantata da filosofi, mistici e poeti di tutti i tempi , cui si riferisce la parola “Teosofia”.

La via intuitiva, che dona l’esatta visione del reale infatti si fa strada per i sentieri “analogici” del sogno, della veggenza, della follia, del confronto con le società più remote da quella in cui viviamo, e non ultima, per mezzo di quella che Michelangelo chiamò la divina mania dell’artista.

L’enciclopedismo annunciato da questa mostra, tuttavia, include nell’apparente mainstream storico-contemporaneo, denso di forme e contenuti spirituali (sulla traccia di capisaldi come The Spiritual in Art: Abstract painting 1890–1985, Los Angeles County Museum of Art, 1986 e Okkultismus und Avantgarde: Von Munch bis Mondrian, 1900-1915, Schirn Kunsthalle, Frankfurt, 1995, ecc.) ogni tipo di selezionati prodotti del subconscio artistico e del super-mercato odierno creando di fatto una torre di Babele in cui tutti i linguaggi si mescolano al punto che questo, così come ogni altro discorso, pur presente, diventa in tal modo incomprensibile.
R.Reali
55a Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea
Giardini e Arsenale di Venezia
Venezia, Castello
1/06 – 24/11 2013
orari: mar-dom h 10-18
tel +39 041 5218711
fax +39 041 2728329
www.labiennale.org
info@labiennale.org