Venezia72 / In concorso: la banalità de “L’attesa”, Anomalisa, Caligari, Remember e premio Jaeger-LeCoultre a Brian de Palma

L'attrice Juliette Binoche, protagonista del film L'attesa, sul red carpet di Venezia72. Foto Valentina Zanaga
L’attrice Juliette Binoche, protagonista del film L’attesa, sul red carpet di Venezia72. Foto Valentina Zanaga

Ecco in rassegna alcuni film ed eventi del Festival: saranno ben quattro i film italiani in concorso quest’anno a Venezia, sui ventuno in gara per il leone d’oro. Il primo da programma è L’attesa: opera prima di Piero Messina, già assistente alla regia di Paolo Sorrentino per La grande bellezza e This must be the place. E si nota sin dall’inizio la somiglianza nello stile dei due registi, dai titoli di testa nella scena del ‘moving walkway’, che tanto ricorda quella ne Le conseguenze dell’amore di Sorrentino. L’attesa
La storia è quella di una ragazza francese che va in Sicilia ad incontrare il suo ragazzo dopo un periodo difficile, ma quando arriva trova ad attenderla la madre, interpretata da Juliette Binoche, che non riesce a dirle la verità sul figlio, a quanto pare morto o scomparso. Si crea così un’intesa tra le due donne tra inganni e finzione, ai limiti del possibile, che rende il film poco credibile e di una banalità sconcertante. L’unica cosa che forse si può salvare è l’interpretazione delle due attrici, anche se i dialoghi in lingua francese causano ancor più straniamento nello spettatore, giustificati comunque dal fatto che la madre arrivò dalla Francia innamorandosi di un siciliano.
Nell’attesa di vedere i prossimi tre film di casa nostra.

Anomalisa
Sette anni dopo l’ambizioso e bellissimo Synecdoche, New York, già diventato un cult, Charlie Kaufman torna con un nuovo film (secondo da regista, settimo da sceneggiatore), che ha ricevuto il Gran Premio della Giuria, e lo fa utilizzando la tecnica passo uno, con l’aiuto di Duke Johnson.
Anomalisa sconvolge le regole dell’animazione, attraverso la sua originalità e con i suoi personaggi volutamente imperfetti, ma così realistici che riescono ad emozionare come nei migliori film Pixar, anche se con toni molto distanti. Basta pensare che le donne del film hanno quasi tutte la stessa voce, ed è quella maschile di Tom Noonan.
Nel cinema di Kaufman c’è spesso un conflitto interno che finisce per condizionare gli eventi reali, e così succede anche per Michael Stone, protagonista di Anomalisa, un motivatore esperto in costumer service che non sembra intenzionato a passare tranquillamente la notte che precede il suo convegno a Cincinnati, distante da casa.
Grazie alla produzione in gran parte sostenuta da una campagna di raccolta fondi, il film è visibilmente privo di censure e limiti, e per questo sarà probabilmente vietato ai minori. Destinato forse ad essere il film più controverso di questa 72a mostra.

Non essere cattivo
Uno degli eventi più attesi di questa mostra è sicuramente la prima di “Non essere cattivo”, ultimo lavoro di Claudio Caligari, regista cult morto poco dopo l’ultimo ciak del film presentato fuori concorso, sebbene secondo gli specialisti sarebbe dovuto mancare tre mesi prima della fine effettiva delle riprese.
La sua carriera si compone così di soli tre lungometraggi, ma importantissimi per il cinema underground italiano, dopo Amore Tossico e L’odore della notte, con Valerio Mastandrea oggi co-produttore nonché molto amico del regista piemontese.
Caligari potrebbe essere definito un post-pasoliniano, per il suo interesse a dar voce a coloro che vivono ai margini della società, che hanno avuto la sfortuna di nascere in un dato contesto sociale e periodo storico. Così come per i tossicodipendenti in Amore Tossico nella fine anni Settanta, Non essere cattivo mostra uno spaccato degli anni Novanta nella provincia romana, qui nei pressi di Ostia (frazione in cui morì per l’appunto Pasolini), in cui i due grandi amici Vittorio e Cesare (interpretati straordinariamente da Alessandro Borghi e Luca Marinelli) sopravvivono spacciando e consumando grandi quantità di ecstasy e cocaina.
Per coloro che sono cresciuti in quegli anni è una rappresentazione fedele della società proletaria italiana di provincia, facilmente adattabile anche oltre la provincia romana,

Remember
Remember racconta la storia di un ultraottantenne affetto da demenza senile che parte alla ricerca di un uomo, un ex comandante SS autore settant’anni prima dell’omicidio della sua famiglia. Nella sua vendetta viene guidato da un amico residente nella sua stessa casa di riposo, anch’egli privato della famiglia ad Auschwitz per mano dello stesso tedesco, poi emigrato negli States sotto falso nome.
Ed è proprio il suo amico a guidarlo passo a passo nei suoi spostamenti, tra limousine e alberghi prenotati, dato che i due possiedono sì il nome del ricercato, ma di Otto Walisch ne esistono ben quattro (uno di questi sarà interpretato dal grande Bruno Ganz).
Zev, che viene interpretato magistralmente da Christopher Plummer, non può che ricordare il Leonard Shelby di Memento, tenendo con sé sempre una lettera in cui spiega cosa sta facendo e perché, dato che ogni tanto se ne dimentica completamente, ritornando indietro nel tempo fino a quando la moglie era ancora in vita.
Atom Egoyan ha uno stile asciutto ma preciso, classico e coerente, con cui rende il finale meno prevedibile, grazie anche ad una sceneggiatura ricca di eventi rocamboleschi, che tengono lo spettatore col fiato sospeso.
Il risultato è un road movie tra Stati Uniti e Canada, con una sete di vendetta che non è diminuita in settant’anni, in un film che poteva essere fatto solo adesso, visto quanto pochi tra i viventi han vissuto il dramma della shoah

Premio Jaeger-LeCoultre

Il premio Jaeger-LeCoultre, istituito nel 1996 e giunto alla sua decima edizione, viene assegnato quest’anno a Brian De Palma, in occasione della presentazione fuori concorso del documentario omonimo realizzato da Jake Paltrow e Noah Baumbach. Dopo la consegna del premio da parte di Chiara Mastroianni, che confessa tutta la sua ammirazione per il regista, è stato quindi proiettato in Sala Grande “De Palma”.
Il film si sviluppa come una lunga intervista composta solamente dalle veloci risposte, che fanno da didascalia alle immagini tratte dai suoi film.
Il punto di forza è senz’altro De Palma stesso, giunto ormai all’età di 75 anni e senza peli sulla lingua, che racconta con stile unico e schiettezza moltissimi aneddoti sugli attori con cui ha lavorato: da Robert De Niro ad Al Pacino, da Sean Penn a John Cassavetes e Tom Cruise, analizzando cronologicamente i suoi film, senza omettere i tanti problemi avuti con le produzioni che si sa, ad Hollywood privilegiano più l’aspetto economico commerciale da quello autoriale.
Nella lunga intervista, che sembra realizzata in una seduta unica ma che in realtà si è svolta in una settimana, DePalma omaggia anche i compositori delle colonne sonore con cui ha lavorato, dal compianto Bernard Herrmann all’amico veneziano Pino Donaggio, presente anche lui ieri in sala ad omaggiare uno dei più grandi cineasti del nostro secolo..
Davide

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