Biennale Danza/Senza il mio corpo lo spazio nemmeno esisterebbe (Merleau-Ponty)

Isabelle Schad / Laurent Goldring, Der Bau, 10. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, Venezia 2016. Credits Laurent Goldring
Isabelle Schad / Laurent Goldring, Der Bau, 10. Festival Internazionale di Danza Contemporanea, Venezia 2016. Credits Laurent Goldring

“Il tempo può essere visto come lineare o ciclico. Ciò che noi chiamiamo “adesso” è di fatto un punto critico permanente; un gioco di equilibrio fra memoria e anticipazione, oscillando indietro e in avanti fra l’immagine-fantasma del passato e la voglia del futuro”così le parole di Anne Terese De Keersmaeker descrivono il suo lavoro Vortex Temporum presentato al Teatro alle Tese, portando in scena un complesso intreccio di movimento e suono. Creato in collaborazione con l’ensemble Ictus, la famosa coreografa già premiata l’anno scorso con il Leone d’oro, mette in scena tutti insieme, musicisti e danzatori sulle note di Gérard Grisey. Alla base della creazione la domanda“come visualizzare la polifonia danzandola?” Un vortice che tendenzialmente gira verso sinistra e dove capita che oltre ai corpi che danzano e suonano si muova anche il pianoforte cambiando lo spazio e suoi punti di riferimento. Alle volte pare di intuire che ogni danzatore è in intima connessione con uno degli strumenti musicali, ma nel vortice poi le onde concentriche acquistano forza e i dettagli non sono più così nitidi. Opera molto articolata e complessa.

Dal 17 al 26 giugno 2016 si è svolta la decima edizione della Biennale Danza di Venezia che ha visto la presenza di coreografi di varia provenienza e scuola artistica, una pluralità di spazi scenici tra teatri, palazzi storici e i vari campi veneziani, dialogando così con la Biennale Architettura.Quest’anno il premio del Leone d’Oro alla carriera per la Danza è stato consegnato a Maguy Marin coreografa di origine spagnola, nata in Francia, già allieva di Maurice Bejart, “per il lavoro di ricerca attraverso il corpo e lo spazio [..] un corpo politico nel senso di una continua e rinnovata presenza[..] apertura al mondo, al pari di uno scavo continuo[..]”.Un corpo nudo che segna una forte presenza al femminile, il movimento dettato dalle onde e dalle forme di lunghissimi tessuti monocolori dal nero fino all’ocra, creano un ritmo dall’atmosfera ipnotica che trascina il pubblico in un’esperienza visuale, quasi un’installazione vivente: alle Tese dei Soppalchi è stato presentato l’assolo di Isabelle Schad di base berlinese, co-creato con il francese Laurent Goldring, Der Bau ispirato all’omonimo racconto incompiuto di Kafka. Sempre alle Tese dei Soppalchi dell’Arsenale è andato in scena il coraggioso Le Ronde / Quatour di Yasmine Hugonnet, svizzera di ritorno a Venezia: quattro danzatori in costante e precisa slow motion si connettono in cerchio attraverso gesti reciproci e ricambiati. Un assoluto silenzio abbraccia per tutta la durato dello spettacolo la continua metamorfosi di quattro corpi che a tratti appaiono come corpo unico. Parte dalla composizione elettronica di John McGuire del 1978, creando un mosaico di movimenti e ritmi che attraversano il corpo che audacemente rimane per l’intera presentazione al centro del proscenio, Pulse Constellations presentato nelle Sale d’Armi, lavoro del giovane brasiliano di base a Bruxelles Gabriel Schenker, cresciuto proprio alla PARTS, scuola della De Keesmaeker. Sempre sul rapporto suono e movimento vuole indagare l’analogica imprecisione della danza che si confronta con la matematica precisione digitale della musica elettronica. Inaudible di Thomas Hauert / Zoo ha creato un’atmosfera frizzante e incalzante con sei danzatori dai corpi molto diversi che hanno dato vita a un brano collettivo in cui si gioca fra cultura popolare e arte elevata. Presentato al Teatro Piccolo Arsenale, si interroga sull’interpretazione come modalità esecutiva di un brano o di uno spartito: l’interpretazione del performer in dialogo aperto con l’orchestrazione del Concerto in F di Gershwin e Ludus de Morte Regis di Mauro Lanza. Alla fine si susseguono vari finali ricostruendo un confine sul linguaggio del coreografo accessibile ma sempre imprevedibile.
Livia Marques
www.gnomix.net

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