Venezia / 57. Biennale d’Arte. Lo studio nomadico di Dawn Kasper

Dawn Kasper, The sun, the moon and the stars,, 57. Esposizione Internazionale d'Arte
Dawn Kasper, The sun, the moon and the stars, performance solo alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte

in occasione della Tavola Aperta che si terrà  alla presenza di Dawn Kasper il 17 novembre 2017 alle Sale d’Armi dell’Arsenale di Venezia, menzioniamo la dinamica dell’eccezionale performance interpretata dall’artista americana il 24/09/2017 al Padiglione Centrale di Giardini nella mostra di Christine MacelViva Arte Viva“.
Collocata dalla curatrice al centro del mainstream rappresentato dalle sale centrali del Padiglione, la newyorkese Dawn Kasper, originaria di Halifax-Virginia, qui ha installato per sei mesi un happening permanente con il suo “Nomadic studio practice experiment“.Dal 2008 infatti l’allieva di Chris Burden, John Baldessari, Paul Mc Carthy, Jason Rhoades e Pippilotti Rist ha abbandonato il suo studio a New York e tiene il suo atelier ovunque esponga, in gallerie e musei. 
Ora alla Biennale, dopo i reading, le videoproiezioni e le jam session delle vernici, l’artista, che da settimane  lavorava quotidianamente agli aspetti scenografici della rappresentazione del suo studio,  si è lanciata in una delle sue pirotecniche performance – manifesto del processo creativo che porta alla realizzazione di un’opera d’arte.
The Sun,the Moon and the Stars è infatti il titolo del lavoro presentato dall’artista alla Biennale, in riferimento all’opera d’arte realizzata dalla natura nell’ordine del cosmo generato dall’armonia delle sfere celesti. Un concetto classico concretizzato nell’azione istantanea dell’improvvisazione che coinvolge chi guarda, ascolta e partecipa in tal modo al processo creativo stesso.

Dawn Kasper, The sun, the moon and the stars,, 57. Esposizione Internazionale d'Arte
Dawn Kasper, Dipinto nel nomadic studio The sun, the moon and the stars, 57. Esposizione Internazionale d’Arte

Dopo aver creato un’atmosfera nel suo studio con le luci e la musica di Louis Armstrong e Bessie Smith l’artista ha magnetizzato una grande tela grezza facendola ruotare sul pavimento. Poi l’ha bloccata ed l’ha agita con il dripping di pittura bianca, che ha tamponato utilizzando carte e stoffe, e quindi l’ha ricoperta con un altra tela che ha caricato con il peso di un divano bianco, riempendo lo spazio interstiziale con i piatti della sua batteria (l’interazione accade anche per mezzo delle vibrazioni sonore).
Ruotato anche il divano, poi ha liberato la tela, ha indossato una tuta bianca e si è mascherata con la testa d’un elefante, sedendosi e contemplando il pubblico. Ormai dio della saggezza, Ganesh, o dio della rigenerazione, si è stesa sul manufatto seppellendosi sotto una tavola lignea e , così, “covando” il dipinto nel processo d’impressione e stampa con il peso, l’emozione e il calore corporeo.
Si è alzata, ha indossato una tuta nera e, calzando una testa d’equino, ha proceduto al dripping di vernice nera, seguito da una nuova “sepoltura rituale”. Musiche dei Rachel’s (Music for Egon Schiele) e  Terry Riley (A Rainbow in Curved Air). Una volta uscita dal dipinto, la performer vi è rientrata nuovamente indossando un passamontagna nero, avvolgendosi in un sacco a pelo bianco, e quindi, addormentandosi sull’opera. I visitatori, mesmerizzati dall’energica azione di Kasper, si sono più volte raccolti a capannello e poi tornati a rivedere l’opera dopo la visita a Padiglione.

Dawn Kasper, The sun, the moon and the stars,, 57. Esposizione Internazionale d'Arte
Dawn Kasper, The sun, the moon and the stars,, 57. Esposizione Internazionale d’Arte

La seconda parte della giornata è iniziata con lo scollamento di una tela dall’altra e con la deposizione di un dipinto sopra due cavalletti – illuminato a destra e in dialogo, a sinistra, con una foto di una precedente performance.  Sul secondo dipinto, rimasto sul lato destro dello studio “accumulato” insieme ad alcune carte disposte a lato e ad un piatto imbrattato di pittura, Kasper ha versato un velo, e poi un’intera borsa di sabbia. Quest’azione ha creato l’associazione del precedente dripping alla memoria pollockiana dei sand paintings di nativi d’America cui il grande artista e molti della sua generazione si erano ispirati. Quindi Dawn Kasper ha impresso la prima tela sulla seconda, ancora una volta, per far attecchire anche qui un velo di sabbia, ha schiacciato il manufatto e vi ha trascinato sopra tutto il peso di una tavola di legno, separando poi le due grandi tele dipinte e spazzando via la materia residuale.

Allora l’artista sì è seduta su di una poltrona, ha preso le distanze dall’opera per qualche minuto e poi si è alzata per creare una struttura composta di due lunghe aste in legno, su cui ha steso la tela superiore, e un’altra struttura assemblata con aste nere e sistemata al posto del cavalletto per appendervi una delle tele di medio formato che aveva precedentemente staccato dal grande dipinto a terra.
Dal quadro “matrice”, infine, ne sono sorti altri e così l’artista americana ha reso manifesto quanto sia “viva” ed energica l’azione-trasformazione creativa di un’opera d’arte “totale” all’interno della mostra.

Dawn Kasper, Nomadic studio, The sun, the moon and the stars,, 57. Esposizione Internazionale d'Arte
Dawn Kasper, Nomadic studio, The sun, the moon and the stars, dopo la performance con Gryanne Stunnenberg, 57. Esposizione Internazionale d’Arte

Ricostituendo ogni giorno un’atelier-ambiente completamente rinnovato nel luogo privilegiato che Christine Macel le ha riservato – la Sala Chini, che ospita sul soffitto lo strepitoso dipinto Liberty “La Civiltà nuova” realizzato dal pittore fiorentino per la Biennale del 1909 –  l’artista afferma la propria individualità identificandosi con la coscienza espansa e partecipata del suo studio-happening e si connette all’iniziale mise-en-scène dell’esplorazione dell’inconscio da parte di Mladen Stilnovic, e al successivo relazionarsi dell’opera d’arte-studio con la società contemporanea operato da Olafur Eliasson nella sala centrale, accanto all’applicazione  positiva della creatività artistica alla vita politica nell’opera d’arte “pubblica” del primo ministro albanese Edi Rama.
Il tutto avviene sotto la bandiera dell’affermazione della libertà dell’artista mutuata dalla poetica Dada, con un gioioso manifesto dei diritti dell’uomo esercitati in armonia con la Natura (Sam Gilliam), riconosciuta in tutte le culture (Hassan Sharif) e culminante nella suprema ironia dell’intelletto umano che legge e si appropria dell’alfabeto della natura stessa, rivoluzionando la scena dell’arte e della percezione umana del proprio ruolo nel mondo (Raymond Hains).

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