La Guitarra Callada: il nuovo cd di Stefano Grondona

La Guitarra Callada, Stefano Grondona plays Federico Mompou, Complete works for guitar, Stradivarius, STR 37087, 2017
La Guitarra Callada, Stefano Grondona plays Federico Mompou, Complete works for guitar, Stradivarius, STR 37087, 2017

È uscito a luglio, nel cuore dell’estate, il nuovo cd di Stefano Grondona, ma in realtà è un viaggio d’inverno. Perché la musica di Federico Mompou (1893-1987), genio catalano dalle ascendenze francesi, possiede la purezza essenziale degli alberi spogli, certo privati di ogni verdeggiante vanità, ma profondamente vivi e concentrati in se stessi, a dimostrazione del fatto che l’intensità di un cammino non sempre si manifesta nella sua capacità espansiva: a volte, anche le foglie possono essere superflue.
Così è la Suite compostelana, il suo capolavoro chitarristico, nato nel 1962, a suggello dell’amicizia con Andrés Segovia, maturata l’anno precedente durante i corsi di Música in Compostela, che proprio in quell’epoca richiamavano nella città galiziana i protagonisti del mondo musicale iberico in qualità di docenti.
Questa Winterreise ispanica si dipana lungo sei movimenti, impressionisti fuori tempo massimo, e dunque portatori di un soffio di eternità, proprio in virtù dell’insanabile sensazione di straniamento che la loro natura comporta.
Al principio è un Preludio, lieve e determinato quanto il passo dei pellegrini del Camino de Santiago, eppure senza meta, perché quel che davvero conta è la continuità irrequieta del movimento. Segue il Coral, che risuona antico e scabro, come le volte di una cattedrale romanica, e poi la Cuna, il luogo in cui l’incessante andare del Preludio si trasforma nel dolce e ipnotico movimento di una culla. Una regressione nell’incanto dell’infanzia perduta, che viene nettamente troncata dalla drammatica enfasi declamatoria del Recitativo, autentica tempesta del dubbio, a cui la successiva Canción può dare un momentaneo balsamo, insieme confortevole e struggente. A conclusione di questo viaggio impegnativo come un paesaggio d’inverno, la via di fuga non è quella del suonatore d’organetto schubertiano, ma si svela nella festa di idealizzati tamburi e cornamuse che percorre la contagiosa Muñeira, una rustica danza popolare galiziana, capace di spazzare via il pur sublimato dolore delle pagine che l’hanno preceduta, superando nelle gioie ataviche del folclore quella musica callada, silenziosa, che rappresenta la ieratica e fascinosa essenza artistica di Mompou: “la musica silenziosa, la solitudine sonora”, come dichiara l’autore nel presentare la sua raccolta pianistica più rappresentativa, intitolata appunto Musica callada.
Stefano Grondona è un artista da sempre determinato a trascendere ogni orpello dialettale del fare chitarristico, attraverso un suono inconfondibile, che unisce in sé carnale bellezza e rigorosa analisi testuale. Dunque, non poteva sottrarsi all’ardua sfida rappresentata dalla musica di Mompou, così congeniale alle sue tensioni di interprete sempre più distaccato dai protagonismi del sedicente star-system, nel nome di una ricerca musicale pura e concreta, capace di restituire alla chitarra quella magia primigenia, che scaturisce dal contatto diretto ed emozionante fra corda e polpastrello. La sua Suite compostelana, significativamente, propone la versione originale antecedente alla revisione segoviana, e ciò non tanto per acribia filologica, quanto per la libertà di potersi permettere uno sguardo altro rispetto a quello del Maestro per antonomasia (oltre che suo), che di quest’opera ha dato una versione “ancora freschissima, potentissima e dominante per profondità e originalità su qualsiasi altra interpretazione”, come Grondona stesso afferma nel booklet. Uno sguardo altro, si è detto, che si serve anche di queste difformità testuali, all’apparenza impercettibili, per definire il profilo di Mompou con un tratto diverso dagli altri compositori c.d. segoviani: per costoro, Ponce e Castelnuovo-Tedesco in primis, Segovia era la carismatica e irresistibile fonte di ispirazione, ma insieme il collaboratore indispensabile per poter risciacquare i panni nell’Arno del complicatissimo idioma chitarristico, che, da pianisti quali erano, non padroneggiavano appieno. Altrove stava Mompou, alla ricerca di una musica che resista alla solitudine dell’ascolto interiore. Anch’egli era nato pianista, ma il suo essere musico in realtà tendeva ad un’espressione talmente intima da far pensare più alla chitarra che al pianoforte. Seguendo questa intuizione, Grondona ci offre una versione paradigmatica della Suite compostelana, in cui la chiave di volta, capace di comporre in una superiore unità le lacerazioni profonde insite in quest’opera, è una sincerità disarmante, che non teme né di mostrarsi dolente e inerme, né di abbandonarsi confidente all’affetto, anche quando è coniugato al tempo passato del ricordo.
A seguire, il vertiginoso Preludio VI, ancora sotto l’elegiaco segno del nóstos, quel ritorno che è malinconico nell’essenza, perché non ritroverà mai esattamente quel che ha lasciato. Ma, soprattutto, questo brano rappresenta una nuova tappa dell’intenso ricercare in tema di trascrizione, che è una delle costanti dell’arte di Grondona: trascrivere deve essere sinonimo di evocare, e allontanarsi dunque con decisione da ogni volontà spettacolare e utilitaristica, per poter sperimentare le straordinarie doti, evocative appunto, della chitarra, capace di dire musica già detta con una voce diversa, più sommessa ed effimera, fin troppo umana.
Non senza compiacimento, Grondona racconta nel booklet la genesi del Preludio VI, scritto per la sola mano sinistra del pianista, e letteralmente sgorgato sotto le dita dell’autore durante una sua amicale conversazione con Miguel Llobet (1878-1938), il grande chitarrista e compositore catalano, a cui Grondona è profondamente legato, per aver dedicato tanti anni ed energie alla riscoperta e alla valorizzazione del suo lascito artistico. Come se proprio Llobet avesse ispirato all’amico Mompou quell’espressività stringata e fragile che identifica la chitarra, e ora indicasse a Grondona la rotta su cui proseguire il suo cammino di ricerca. Completano questa integrale due dittici dalla raccolta Canciónes y Danzas, il n. X, ispirato a due cantigas del re Alfonso X, e il n. XIII, che riunisce, nella fascinosa armonizzazione impressionistica di Mompou, due bellissime canzoni popolari catalane, El cant dels ocells e El bon caçador. A riprova del particolare legame fra il suo pianoforte e la chitarra, che del pianoforte diventa l’esito sublimato, il n. X è stato trascritto per chitarra dallo stesso Mompou, mentre il n. XIII è addirittura nato fin da subito per le sei corde.
Il cd potrebbe concludersi qui, e, invece, c’è una sorpresa, perché l’ultimo quarto d’ora è dedicato a quattro Sonate scarlattiane. Ovviamente, trascritte dagli originali clavicembalistici. L’universo sonoro di Domenico Scarlatti (1685-1757) potrebbe, a prima vista, apparire assai distante dalla rarefatta atmosfera di Mompou, perché è musica avvinta dalla curiosità per il particolare, e che proprio tramite il particolare costruisce il suo narrare lucidamente imprevedibile. Accostarla a Mompou è un po’ come mostrare l’incantevole perfezione della saliera di Cellini dopo aver fatto esperienza del silenzio che emana dagli acquarelli di luce di Turner. Eppure, fra questi due musicisti c’è una comunanza profonda che è frutto della solitudine creativa, una condizione esistenziale coltivata anche da Scarlatti nei suoi appartati anni madrileni.
Quella solitudine che la chitarra ben conosce, e che Grondona sa esprimere meravigliosamente, ricreando i fasti del clavicembalo scarlattiano, pur senza mai mimarlo. La chitarra ha degli oggettivi limiti d’agilità, rispetto al volo delle dita su una tastiera, ma nelle mani di un artista, quale Grondona è, il limite strumentale non è più tale, ma si trasforma nell’opportunità di trovare, proprio grazie al limite, una giusta forma espressiva. Quella stessa forma, individuale ed individuante, che Mompou rivendicava nella concretezza del suo fare musica diversa: appunto, “la musica silenziosa, la solitudine sonora”.
Nicoletta Confalone©

La Guitarra Callada
Stefano Grondona plays Federico Mompou
Complete works for guitar
Stradivarius
STR 37087, 2017

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