Polunin, un ballerino alla ricerca di un’altra danza

Chiostro Grande di Santa Maria Novella, palco sotto le stelle, silenzio, buio. ‘Sacré’. Progetto di danza in tour internazionale del famoso ballerino classico ucraino Sergei Polunin, si accende a Firenze, celebrando i 30 anni del Florence Dance Festival.

30. Florence dance Festival. Sergei Polunin in Sacré

Con la sua inconfondibile energia e fluidità dei movimenti si percepisce subito che il suo desiderio artistico è alla ricerca di una danza che esca da quegli schemi del balletto classico tout court, che il suo agile corpo ben conosce. Invita e affida a due giovani coreografi la direzione e le creazioni coreografiche dei due atti della serata. Il primo atto ‘Fraudulent Smile’ di Ray su musiche di Klezmer, è un lavoro di gruppo, molto vicino al mimo e al mondo teatrale dove i momenti più interessanti accadono quando il gruppo di 7 danzatori -5 uomini e 2 donne- è in perfetto sincrono, intramontabile potenza del perfetto unisono.
Il secondo atto della coreografa giapponese Yuka Oishi, assolo fortemente voluto da Polunin, ha origine dall’arcinoto tema della Sagra della primavera rivisitata in soli 30 minuti con una selezione degli spartiti originali di Igor Stravinsky e si caratterizza per l’allestimento sul palco di una scenografia circolare e spazialmente centralizzata molto vicina a un’installazione contemporanea di visual art. Con approcci molto diversi, senza dubbio l’assolo della giapponese con maggiori potenzialità di sviluppo, hanno toccato la delicata soglia del riuscire a creare una coreografia con l’altissimo potenziale artistico del ballerino Sergei Polunin, come la raffinata plasticità estetica-motoria e la sua immancabile presenza scenica di vigore. La sensazione è quella che le coreografie, entrambe con vene retrò nella composizione generale e nell’organizzazione dello spazio, non siano state all’altezza di un interprete così delicatamente sofisticato e potente come l’étoile tanto chiacchierata internazionalmente. Famoso ribelle della danza, con un corpo scultoreo ed elegante e allo stesso tempo tutto tatuato, scelse di uscire dal Royal Ballet di Londra dove era da due anni primo ballerino, alla ricerca di qualcosa di diverso, che fosse ancora dentro la danza e le arti performative. Ha dichiarato più volte infatti di non sentirsi a suo agio nell’interpretare i balletti classici, nel ruolo codificato degli interpreti maschili dentro alle famose storie romantiche e alle magiche fiabe che da sempre la storia del balletto mette e rimette in scena. Quello che forse potremmo definire un prezioso vero e proprio museo della danza, con le sue sicurezze stilistiche e codificazioni tecnico – spaziali, composta di una ferrea gerarchia organizzativa anche dentro il corpo di ballo. Polunin ha scelto di vivere la sua giovinezza e respirare la libertà per andare in cerca del suo particolare punto di vista, del suo quid artistico e del rischio fuori da tutte quelle certezze che senza dubbio il mondo del balletto può offrire a un talento insolito quale il suo era prima ed è tuttora. Questo cammino è iniziato, di questo siamo certi. E non più ormai ai primi tentativi. All’inizio ha raggiunto un enorme successo planetario l’assolo per il video Take me to the Church diretto da David LaChapelle con le coreografie di Jade Hale-Christofi sulla musica di ormai con milioni di visualizzazioni soltanto su youtube. Sicuramente momento importante di riscatto dove Polunin si è fatto conoscere internazionalmente ancora di più dopo la sua scelta di uscire dal Royal Ballet. Prosegue nei suoi tentativi per mettersi in gioco e provare ad esplorare altre dinamiche, altre regole, altri orizzonti artistici. Più liberi. Respiro. Intuizione. Istinto.
Dentro al progetto Sacré, che continua con fortuna il tour internazionale, la sensazione che si ha è quella di assistere a una trasmutazione, personale e artistica che ancora non ha dei connotati chiari e riconoscibili, ma che senza dubbio possa crescere e definirsi, proprio insistendo nella strada già intrapresa e portando avanti coraggiosamente questo desiderio, che all’inizio venne interpretato dalla stampa come una volontà di evasione, possa oggi – passati alcuni anni – piuttosto chiarire che non è così. Qualcosa di molto più profondo e intimo appartiene a questo percorso intimo e artistico dell’étoile Sergei Polunin. Quello che forse possiamo augurarci è che questa potenza della danza, sicuramente rara e preziosa possa continuare questo coraggioso percorso, magari proprio insistendo nelle collaborazioni di coreografi che continuando a lavorare con lui possano trovare e sperimentare nuove possibilità e trovare le chiavi per far incontrare la meravigliosa potenza dell’interprete con un elaborazione coreografica sempre più accurata e complessa. Ma anche che questo corpo così a tutto tondo possa un giorno non troppo lontano lavorare a contatto con grandi creatori della danza contemporanea e di ricerca tout court e che quindi possano crearsi delle interazioni molto ardite che adesso non possiamo nemmeno immaginare.
Speriamo anche che si ripetano in Italia tali occasioni per vedere dal vivo Polunin che danza, offrendo dei prezzi davvero accessibili, in modo che la danza sia ancora una volta un’arte per tutti e non solo per coloro che se la possano permettere.

Livia Marques
www.gnomix.net

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