I Guttuso della collezione Pellin a Varese

Renato Guttuso, Van Gogh porta l’orecchio tagliato al bordello di Arles , 1978, collezione Pellin

    Renato Guttuso, “Spes contra spem”(olio su tela cm.300 x 350, 1982) collezione Pellin, foto Jean Delville

Nella suggestiva  Villa Mirabello che sorge sui Giardini Estensi di Varese, presso i Musei Civici, sono eccezionalmente esposte, fino al 5 gennaio 2020, 25 opere di Renato Guttuso, che spaziano dai suoi magnum opus ai bozzetti preparatori degli stessi. Quasi tutte le opere appartengono all’importante collezione dell’imprenditore Francesco Pellin, a testimonianza della sua lunga frequentazione dell’atelier di Velate dell’artista siciliano fin dal 1974 .
Nella cornice dell’allestimento – ben curato da Serena Contini – in cui si inserisce impeccabilmente un corpus di opere d’eccezione, spicca la complessa macchina del celeberrimo quanto enigmatico “Spes contra spem“(“sperare contro ogni speranza”, olio su tela cm.300 x 350, 1982), un enorme dipinto realizzato nell’ 82, colmo di simbolismi, che avrebbe dovuto chiamarsi “Le tre età della vita”.  Guttuso accolse invece il titolo suggerito da Antonello Trombadori , tratto dalla lettera di Paolo ai Romani  (18,4), in cui si discute della  salvezza di Abramo, che fu resa giusta dalla fede, e non dall’ubbidienza alla legge (Benincasa).
Una grande allegoria autobiografica, dove il teatro della vita inscena nel contesto storico di un’Italia contemporanea le cui sorti sono sospese tra la memoria del pittore e il nuovo che avanza, con una profondità spaziale ed esistenziale colta in un tempo d’attesa che sfocia nella sfera dello spirituale.
A dominare lo spazio scenico dell’atelier dell’artista, i colori della bandiera d’Italia, declinati sulle pareti e sugli infissi, tra cui spiccano le gamme di rosso della tela ritratta al centro dello studio (rimando al vessillo del  Partito comunista).Nel registro superiore, a coronamento della scena,  il fastigio scultoreo affollato di teste mostruose di villa Palagonia a Bagheria si staglia sul cielo notturno. L’ampio spazio interno, che rimanda a Velázquez e a Courbet (Palavecchia), è fitto di oggetti simbolici che “sono sedimentazioni di cui noi stessi non conosciamo la profondità” dice lo stesso Guttuso in un’intervista del 1982. Nello spazio della coscienza del pittore emergono infatti, a sinistra e a destra, quasi fossero personaggi pirandelliani, l’autoritratto e le effigi di amici allora viventi e non, come Elio Vittorini, e gli assistenti Rocco Catalano, e Nino Marcobi (Crispolti, Chiumenti, Chiantini, Greco).
È di Picasso il quadro in primo piano, “Donna in camicia seduta in poltrona “del 1913, omaggio postumo al grande ispiratore di Guttuso. Nella staticità generale, spiccano le figure femminili, allegoriche dell’età della donna, tra le quali: una bambina che corre con una garofano in mano, la moglie dell’artista, e il nudo di Marta Marzotto nella terrazza che spalanca la finestra alla vita e alla speranza sul panorama solare, marittimo e montuoso, di Bagheria, città natale del pittore.
Dando le spalle a chi la guarda, ella accentua la sublime impenetrabilità della tela, intrisa di un senso funerario, condiviso con il coevo film di Ettore ScolaLa Terrazza“, pietra tombale del regista che a tratti sembra essere citato. Uno degli ultimi capolavori che il pittore siciliano considerava una sorta di testamento.
Tra le opere più importanti in mostra è il famoso “Van Gogh porta l’orecchio tagliato al bordello di Arles ” (1978, olio su tela, cm 238 x 300), un omaggio all’artista olandese, colto nel suo gesto più estremo: quello notorio dell’orecchio tagliato, che, con la testa fasciata da un asciugamano,  lo stesso Vincent consegnerà alla maîtresse del bordello che era aduso frequentare. Il dipinto dichiara l’eredità pittorica di Guttuso: da Van Gogh e i suoi personaggi (Armand Roulin e lo Zuavo, amico di Paul Millet, impersonato dall’amico Marcobi, ritratti come clienti del bordello) a Dégas e Tolouse-Lautrec .
I taccuini dell’artista rivelano anche un’altra fonte per le pose delle ragazze, raffigurate in spazi suddivisi come in un gioco di specchi, Nus d’autrefois 1850-1900,  volume fotografico che contiene immagini di nudi femminili di fine Ottocento.
Naturalmente, ma non dichiaratamente, il concetto dell’opera rimanda alle “Demoiselles” di Picasso, presenti come struttura  latente e tema intrinseco al soggetto raffigurato.

Renato Guttuso, Van Gogh porta l’orecchio tagliato al bordello di Arles , 1978, collezione Pellin
Renato Guttuso, Van Gogh porta l’orecchio tagliato al bordello di Arles (1978, olio su tela, cm 238 x 300),, collezione Pellin, foto Jean Delville
Renato Guttuso, Il sonno della ragione genera mostri”. Foto Jean Delville
Renato Guttuso, "Il calciatore". Foto Jean Delville
Renato Guttuso, “Il calciatore”. Foto Jean Delville

Una piacevole mostra dalla curatela decisa ma delicata, divisa per percorsi tematici, che non si esaurisce con l’opera appena menzionata, ma prosegue passando per l’”Autoritratto in Giacca e Cravatta” del 1975, il significativo e inedito “Il sonno della ragione genera mostri” del 1980, concepito in occasione della tragica strage alla stazione di Bologna., poi storica copertina de “L’Espresso”.
Lo spettatore è introdotto nei pensieri del pittore durante la gestazione delle opere, attraverso documenti inediti, fotografie, scritti e corrispondenze varie, da cui emerge una citazione di Pier Paolo Pasolini, che con certo pathos gli scrive “Beato te che quando prendi la matita o il pennello scrivi sempre in versi”. Pasolini sembra quasi invidiarlo quando sostiene che “Chi dipinge e un poeta che non è mai costretto dalle circostanze a scrivere in prosa“.
Con il grande scrittore e cineasta sembra condividere anche una passione di cui non si discute spesso in ambito artistico e culturale, quella del calcio, come emerge dalla tela “Il calciatore“, da cui si evince una chiara poetica sociale oltre che pittorica, attenta nel rendere tramite espressione visiva uno sport per antonomasia popolare.
I suoi calciatori sono l’esaltazione dei tanti “subproletari” (con cui amava dialogare Pasolini) che continuano a giocare al calcio senza sfondare, senza raggiungere i luccichii e le palanche che ai giorni nostri ci fanno quasi odiare questo sport, che il regista friulano definiva l’ultima espressione popolare paragonabile alla tragedia greca.
Insomma sono tante le suggestioni che offre questa mostra varesina, organizzata con il patrocinio di Commissione Europea, Regione Lombardia, Provincia di Varese, Università degli Studi dell’Insubria e Archivi Guttuso. Importante anche la collaborazione con l’Associazione Testori e con il FAI.

Roberta Reali e Jean Delville

“Renato Guttuso a Varese. Opere della Fondazione Pellin”
19 Maggio 2019 – 5 gennaio 2020
Musei Civici di Villa Mirabello (Varese)

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