

Chiude il sipario il 26 gennaio prossimo, con un enorme successo di pubblico – più di 42.000 visitatori – e di critica, la mostra: Il Giapponismo. Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915, inaugurata nel settembre scorso a Palazzo Roverella. L’evento riconferma che Rovigo è entrato ufficialmente nel circuito delle città delle grandi mostre in Italia.
I venti del Sol Levante hanno condotto, nel capoluogo polesano, gli amanti dell’arte da varie località italiane, come ad esempio: Verona, Treviso, Milano, Roma, Treviso e non solo.

E’ la seconda mostra, ad oggi, più vista delle storia espositiva di Palazzo Roverella. E’ stato un momento importante di divulgazione culturale e, nel contempo, un volano di promozione del territorio polesano, ricco di bellezze paesaggistiche, storia e tradizioni uniche, che coinvolgono ed emozionano il turista.

Curata da Francesco Parisi, descrive l’affascinante capitolo della storia dell’arte europea e mondiale. E’ nata su iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo con la collaborazione del Comune di Rovigo e dell’Accademia dei Concordi.
Parisi ha definito la Mostra: la “prima” in Europa ad aver così rappresentato il Giapponismo; un’originale esempio di rappresentazione del fenomeno, che mappa le tendenze giapponiste tra Ottocento e Novecento: dalla Germania all’Olanda, al Belgio, dalla Francia all’Austria, alla Boemia, fino all’Italia, affascinando e contaminando il vecchio continente.
Le ampie sale della sede espositiva, la luce, a volte resa suggestiva dal soffitto travato dell’antico palazzo rodigino, ed i colori delle opere avvolgono il visitatore in un’atmosfera quasi magica nel corso della visita. Nelle 4 ampie sezioni, in cui è dipanato il racconto, si affiancano originali e derivati, ovvero opere scelte fra quelle che giungendo dal Giappone divamparono a oggetto di passioni e di studi in Europa, accanto alle opere che di questi “reperti” evidenzino la profonda influenza.

Quattro sezioni, quante furono le grandi Esposizioni Universali che in quei decenni contribuirono, grazie alla presenza dei padiglioni giapponesi, a svelare ed amplificare il nuovo che giungeva da così lontano, da quel luogo misterioso.
Dall’esposizione londinese del 1862, dove i “prodotti” del Sol Levante debuttarono, a quelle parigine del ’67 e’78, che ebbero nelle proposte il loro elemento di maggiore attrattività, fino all’esposizione del cinquantennale dell’Unità d’Italia del 1911, che ebbe una vasta influenza su molti artisti delle nuove generazioni.

Si scivola tra i capolavori di Gauguin, Touluse Lautrec, Van Gogh, Klimt, Kolo Moser, James Ensor, Alphonse Mucha. Accanto, si possono ammirare le tendenze giapponiste nelle opere degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser; degli italiani Giuseppe De Nittis, Galileo Chini, Plinio Nomellini, Giacomo Balla, Antonio Mancini, Antonio Fontanesi e Francesco Paolo Michetti con il suo capolavoro “La raccolta delle zucche” ed, infine, dei francesi Pierre Bonnard, Paul Ranson, Maurice Denis ed Emile Gallé; i belgi Fernand Khnopff e Henry Van De Velde.
Si scopre non solo la pittura e la grafica, anche l’architettura, le arti applicate, l’illustrazione, i manifesti, gli arredi e tanti ancora, unici ed indimenticabili esempi per aspetto e cromia, a testimonianza, per la prima volta in modo organico, di quanto capillarmente e profondamente quel Giapponismo sia entrato nel corpo e nell’animo dell’Europa.

Nessuna proroga è prevista dall’Ente organizzatore, a causa dei vincoli imposti dai prestiti delle opere, concessi dai diversi enti prestatori nazionali e stranieri.
L’incantata ed unica Mostra chiuderà, come previsto, il 26 gennaio prossimo.
Per riuscire ad evadere alle già numerose prenotazioni, è stato previsto per sabato 25 e domenica 26 gennaio un eccezionale prolungamento dell’orario di visita: dalle 9.00 alla 23.30.
Fiorella Vicariotto