Tono Zancanaro a Sutri. Gibbo e Demopretoni – A cura di Roberta Reali

Tono Zancanaro, Noi siamo in marcia.- ecc... Gibbo (cat. 3115 ASTZ)
Tono Zancanaro, Noi siamo in marcia.- ecc… Gibbo (china a tratto, 197×225, 1944, cat. 3115 Gibbo, ASTZ)

Creatura deforme d’ispirazione mussoliniana, Il Gibbo, disegnato da Tono Zancanaro a Padova nell’ambito dell’antifascismo universitario clandestino di fine anni Trenta, si può considerare quale protogono delle serie espressioniste di Roger Ballen e Silvio Pasqualini  (a cura di A. Rossi) che i disegni di Tono, presentati da Vittorio Sgarbi,  hanno introdotto in occasione dell’inaugurazione della mostra ASSEMBLA-MENTI, lo scorso 20 maggio, alla galleria Alice Schanzer di Sutri, dedicata all’attualità delle tematiche di regime.
Laddove il nitido segno neoellenico dell’artista patavino danza sull’orlo dell’abisso, descrivendo satiricamente le aberrazioni politiche della dittatura in ampie forme esuberanti e “apodionisiache”, classicamente erotiche e dissacranti, in un altro continente, le opere del fotografo sudafricano Roger Ballen rievocano surreali “rayografie” tratte dai depositi di polvere di una dolorosa Mariée. Addentrandosi nelle profondità della psiche e della storia, oltre la resa superficiale del dato “reale”, sino ad incontrarne il baratro, il fotografo scoperchia il vaso di Pandora, lasciandone fuoriuscire larve ed ectoplasmi, creature archetipe e subumane, totem, tabù e feticci contemporanei, dal potente vitalismo dark.
Gli ultimi dipinti monocromi del marchigiano Silvio Pasqualini, della serie Maggese Sumera Aprifuochi, entrano in subitaneo dialogo con il Teatro dell’Apparizione di Ballen, rivelando epifanie d’inquietanti simulacri umani entro uno spazio astratto costituito da vibranti éclat de lumière: lo sfondo di una memoria astrale la cui texture è costituita di preziosi reperti archeologici provenienti da un’antichità immanente al territorio dell’Etruria, dove il pittore vive e lavora, e luogo della mostra; ma anche luogo “sottratto” e “negato” alla vita e alla cultura di coloro che hanno dovuto emigrare e dei pochi che rimangono, a vantaggio della propaganda della subcultura di massa.

Tono Zancanaro, Gibbo arringa dal balcone le Pere Gibbe (china a tratto, 323x597, 1944, cat. 2925, ASTZ)
Tono Zancanaro, Gibbo arringa dal balcone le Pere Gibbe (china a tratto, 323×597, 1944, cat. 2925 Gibbo, ASTZ)

L’Archivio Storico Tono Zancanaro e il suo direttore Manlio Gaddi hanno messo generosamente a disposizione due celebri serie di disegni in cui la feroce ironia di Tono non sconta nulla al soggetto (Mussolini), e tuttavia si traduce in raffinato calligrafismo che compone qualsiasi contrasto in un sublime equilibrio formale: il Gibbo e il suo perpetrarsi dopo la caduta del regime fascista, e i Demopretoni.
Il ciclo del Gibbo nasce nel 1937, dalla frequentazione del colto ambiente universitario padovano degli antifascisti, quali Eugenio Curiel, Ettore Luccini, Atto Braun, Renato Mieli, Guido Goldschmied, Egidio Meneghetti, il medico e fine ellenista Giorgio Rubinato e il Rettore Concetto Marchesi, e si conclude con la morte di Benito Mussolini a Piazzale Loreto (1945).
Il nome del personaggio si riferisce a quello (Gypo) del protagonista del film di John Ford “Il traditore” (The informer, 1935, tratto dall’omonimo romanzo di Liam O’Flaherty e vincitore di quattro Premi Oscar), ibridato con quello della scimmia detta Gibbone. La deformità fisica del capo, triangolare, è ispirata a quella di un lottatore circense visto a Bolzano, detto L’Angelo. Un Protogibbo, infine, nasce dalla visione di alcune crepe e macchie d’umidità sulle pareti di un ospedale, durante un breve ricovero. Nel 1970 comparirà anche un Neogibbo, dato il pericolo di un colpo di Stato neofascista in Italia.
Il soggetto, disegnato a china a tratto, è spesso raffigurato come un deforme ammasso di carne con attributi ermafroditi, evoluto, anche nel segno, dall’iniziale primitivismo realista dell’effigie del Mussolini/Angelo, che nell’opera in mostra è ironicamente innestata su di un corpo d’après la Venere di Milo (Gibbo n. 2949 del 1942).
Dopo i viaggi a Parigi, infatti, il ductus, si fa più fluido e picassiano, prende accenti spiccatamente surreali (n.2925, 1944, Gibbo arringa dal balcone le arcimboldesche Pere Gibbe) e si risolve in un più libero linearismo neoalessandrino o si coagula nell’abbondanza di maestosi bizantinismi (n. 1392, s.d. La più alta Giustizia Sociale, e n. 1357, del 1947, Il Gran Pallone mascelluto è scoppiato).

Tono Zancanaro, Il Gran Pallone mascellutico è scoppiato (china a tratto, 313x236, 1945, cat. 1362, ASTZ)
Tono Zancanaro, Il Gran Pallone mascellutico è scoppiato (china a tratto, 313×236, 1945, cat. 1362 Gibbo, ASTZ)

Al Gibbo si accompagna un fantasioso entourage che comprende le Gibboncine, giovani fasciste che spesso rappresentano l’Italia, Vittorio Emanuele e Umberto di Savoia, Giorgio de Chirico e Savinio (Noi pre socratici Alberto e Giorgio, n. 3355 del 1942), Hitler e altri, come la Gibba Gaetana, una signora padovana malata d’elefantiasi.
Evento unico nell’arte italiana, durante il ventennio fascista la saga del Gibbo fu fatta circolare in segreto nei cenacoli della Resistenza e del Partito Comunista, e, pur riconosciutone l’indiscusso valore sul piano internazionale, non ebbe facile fortuna neanche nel dopoguerra.
Storici e critici quali Ragghianti, Gombrich, Micieli, Segato, Gava e lo stesso Manlio Gaddi, hanno riconosciuto all’opera di Tono, oltre alla grande padronanza formale e all’inesauribile facoltà mitopoietica, i temi, presenti fin dai primi lavori, dell’antifascismo, anticlericalismo, realismo e surrealismo, erotismo e freudianesimo, goliardia, e le infinite citazioni letterarie da Petronio, Apuleio, Dante, Boccaccio, Ruzante, Rabelais, Masson e Picasso.
Nell’immediato dopoguerra, al ciclo del Gibbo subentra quello dei Demopretoni: la serie, stilisticamente omologa alla precedente, annovera circa 1500 disegni, eseguiti tra il 1945 e il 1946, e dedicati principalmente al referendum del 2 Giugno 1946, che poneva la scelta fra Monarchia e Repubblica (Re fe ren dum y mona rchia, n. 3944, 1946).

Tono Zancanaro, Novità nelle amministrative (china a tratto, 240x333, 1946, cat. 4078, ASTZ)
Tono Zancanaro, Novità nelle amministrative (china a tratto, 240×333, 1946, cat. 4078, ASTZ)

Tono sembra ravvisare in tale vicenda il lampedusiano “cambiare tutto per non cambiare niente” e concepisce in questi lavori l’iperbole dissacratoria che si moltiplica esponenzialmente in un harem ingresiano esplicitato nell’orgia, nell’ambiguità sessuale e nella profusione feticista e fallocentrica in seno ad un coro al femminile, variante della serie ideata negli anni della guerra, in cui il Gibbo tende ad essere effeminato come un eunuco.
L’obiettivo degli affondi satirici di Tono questa volta è la Democrazia Cristiana, insieme ai vari Savoia, Francisco Franco, Pio XII, De Gasperi, Benedetto Croce, Attilio Piccioni, i Reali Carabinieri e il cardinale Idelfonso Schuster, tra i registi del “voto obbligatorio”.
E dal momento che il Vaticano aveva cooptato le suore di clausura a votare nei seggi con abiti civili, Tono le denuda completamente e le asservisce collettivamente al culto del fallo. L’erotismo di queste tavole è un dato assoluto, dove le forme piene e i volti inespressivi degli attanti sono declinati, per contrasto in una ritmica e festosa teoria di seni, cosce, pubi, natiche, falli, decorati con accessori di ogni genere e tipo.

Tono Zancanaro,Re fe ren dum y mona rchia (china a tratto, 225x328, 1946, cat. Demopretoni 3944, ASTZ)
Tono Zancanaro,Re fe ren dum y mona rchia (china a tratto, 225×328, 1946, cat. Demopretoni 3944, ASTZ)

L’eversività e l’anarchia intrinseca e formale di questi disegni dai titoli ironici e allusivi (è il momento in cui in Francia fiorisce il lettrismo di Isidore Isou) che denunciano “il sostanzioso imbroglio sociale, ideologico e politico in rapporto alle aspettative del doporegime” (Segato), rappresenta il profondo valore artistico e sociale dei Demopretoni, e tuttavia ne ha spesso limitato la libertà d’esposizione e di fruizone da parte del pubblico.
È così che oggi, più che mai attuale, si è presentata l’occasione di vedere un florilegio di queste opere in Lazio, nell’ambito della mostra inaugurale della galleria sutrina.
Roberta Reali

Serie del Gibbo e dei Dempretoni
http://www.tonozancanaro.it/

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *