George Clooney e Amal Alamuddin sposi a Venezia, credits Octavian Micleusanu 2014
Ebbene si, anche Art in Italy ha ceduto alla Clooneymania di questi giorni, pagando alla settima arte il pedaggio dell’evento mondano dell’anno a Venezia, il matrimonio Alamuddin–Clooney. Il nostro fotogafo Octavian Micleusanu, di stanza nella città lagunare, nei ritagli di tempo e con qualche escamotage, è riuscito a ritrarre la coppia di belli, bravi e famosi, nonché impegnatissimi promessi sposi nel momento che precede il sì, pronunciato nella sala degli stucchi della sede comunale di Palazzo Loredan (presidiata conCa’ Farsetti, oggi scena di un’infuocataAsssemblea cittadina) davanti all’amico Walter Veltroni, quasi a sottolineare il cotè ‘impegnato’ e politico dell’unione.
Khouloud Sinno Hibri. Allah with pigeon (God with pigeon). Washi, 2013
A Vicenza, dal 15 al 24 marzo, ViArt, sede dell’artigianato artistico vicentino, apre le sue porte al festival della cultura giapponese Haru no Kaze, ospitando una serie di esposizioni il cui filo conduttore è l’incontro tra culture. In quest’ambito, l’opera di Khouloud Sinno Hibri, che fonde tradizione giapponese e sentire mediorientale, trova una sua destinazione ideale. Di contro a certa sterile omologazione culturale, il multiculturalismo di Khouloud Sinno Hibri, artista e fashion designer di origini libanesi a lungo vissuta in Giappone, sembra evidenziare l’aspetto virtuoso del processo di globalizzazione odierno, ovvero quello di scambio nel rispetto delle differenze. Leggi tutto “Vicenza / Festival Haru no Kaze: L’arte Kurumi-e tra Giappone e Medio Oriente. Khouloud Sinno Hibri”
Giacomo Di Chirico, Uno sposalizio (costume di Basilicata), 1877, Collezione privata, Messico
In concomitanza con l’arrivo nella città di Rovigo di un’opera di Giacomo Di Chirico (Venosa, Pz, 1844 – Napoli, 1883) che non era stata esposta da ben 136 anni, si segnala che il pittore veneziano Giovanni Biasin (Venezia, 1834 – Rovigo, 1912) tra le pagine dei suoi taccuini d’artista annovera un disegno intitolato Impressione da un quadro di De Chirico , che trae alcuni elementi fondamentali dal quadro del pittore lucano oggi esposto a Palazzo Roverella, il celebre Uno sposalizio (costume di Basilicata)del 1877, mentre l’impianto generale della scena è da riferirsi piuttosto ad un altro quadro del Di Chirico, che il Biasin non nomina: Passa il Santissimo. In realtà il disegno è un omaggio al verismo desanctisiano dell’artista lucano e alla freschezza della sua invenzione, così vicina alle più genuine tradizioni popolari. Lo Sposalizio, oggi esposto alla mostra nel rodigino Palazzo Roverella,“Il successo italiano a Parigi negli anni dell’impressionismo: la Maison Goupil”, già presente nella collezione Goupil di Bordeaux, è stato recentemente reperito in Messico. I dipinti dell’autore lucano godettero a loro tempo di una discreta fama ed il pittore fu inoltre insignito, tra i vari premi, della croce di cavaliere della Corona d’Italia.
Giacomo Di Chirico, Processione, copia
Utilizzando il termine “impressione”, il decoratore veneziano dichiara un’affinità con la poetica dei maestri francesi dell’ultimo quarto dell’Ottocento, e indica la propria fonte genericamente in “un quadro” del Di Chirico, ma in realtà le fonti saranno almeno tre, liberamente reinterpretate nei termini di un realismo più schietto (sgombro dall’artificio atmosferico della neve, presente in entrambi i quadri) e dell’immediatezza di uno studio disegnato. La visione si focalizza sulla coppia centrale, isolata al centro della gradinata, nonostante il contesto sia quello di una processione cristiana, forse quella della Domenica delle Palme (titolo, tra l’altro, di una famosa opera del Di Chirico esposta a Ferrara nel 1874), con tanto di ombrelli rituali e rameggio, anche se sagome interpretabili come quelle di religiosi in preghiera restano sul fondo, inginocchiate, in attesa del passaggio delle sacre icone, non visibili.
Si adombra così il tema stesso dello Sposalizio, quello di un matrimonio celebrato in provincia, in cui si sfoggiano abiti eleganti in un contesto di generale povertà, tuttavia nobilitato dall’imponenza dei monumenti carichi di storia e dalle vestigia di una passata opulenza, che tuttora caratterizza i piccoli centri italiani, specialmente nel meridione. Di Chirico affronta il tema della coppia che scenda una gradinata attraversando un arco in altri due quadri di questa serie di festività familiari: Il Corteggiamento e il Battesimo.
Giovanni Biasin, “Impressione da un quadro di Di Chirico”, 1878 ca., Album G della collezione Eredi Luigi Stocco
Nello Sposalizio del lucano Di Chirico è la chiesa maestosa sulla sinistra a fare da protagonista, con l’ampia scalinata barocca, dotata di un elegante balaustra e gremita dagli attori della cerimonia, da astanti e i musicisti a destra, sul sagrato.
Giovanni Biasin invece preferisce raffigurare la processione/corteo nuziale nella cornice di un borgo popolare, entro l’ampia luce di un arco tardo antico, la cui invenzione è tratta dal menzionato Passa il Santissimo: quindi, relegata la chiesa a fondo campo e ruotata la scena centrale dello Sposalizio di 90 gradi, la coppia di sposi che scende la gradinata, da sinistra, è spostata al centro del quadro e la ragazzina con la corda in mano, è trasferita ne ragazzo a destra, che reca un ramo di palma. La coppia a sinistra si ripara dalla pioggia primaverile con un ombrello uguale a quelli “rituali” che riparano il gruppo sul fondo, in cima alla gradinata. Si allude, quindi, ad una cerimonia particolare, anche perché il velo della donna, di foggia antica e il ragazzo sulla destra, che canta agitando un ramo di palma (in luogo dei musicisti del Di Chirico) indicherebbe un matrimonio ebraico, forse pensato per la ricca committenza israelita del Biasin, riscattatasi socialmente con il Risorgimento. I copricapi dei religiosi, tra l’altro, presentano la foggia frigia, come i tre Re Magi effigiati nei mosaici della chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna. Ravenna era anche una delle famiglie di committenti più vicine ai Biasin. Si ricorda inoltre, a confermare la presenza storica di comunità ebraiche di origine ellenica in Lucania, che nel 1853 a Venosa, terra natale del Di Chirico erano state scoperte catacombe ad esse riferite. Il d’après di Biasin è stato disegnato a matita (tra il 1877 e il 1882), poi ripassato a penna e inchiostro nero e quindi ombreggiato con acquarello a monocromo. Il supporto di carta bianca vergata, oggi ingiallita dal tempo è la pagina 34 dell’Album G. Quest’ultimo, insieme agli altri quaderni d’artista di Giovanni e Vittorio Biasin – di proprietà degli eredi Luigi Stocco e temporaneamente conservati presso la rodigina Accademia dei Concordi – è attualmente in attesa di pubblicazione presso le edizioni degli stessi Concordi. Nel periodo di apertura della mostra sarà finalmente visitabile anche la Pinacoteca dell’Accademia, congiunta a quella del Seminario Vescovile, che resta gran parte dell’anno chiusa per mancanza di personale. Si auspica che l’intensificarsi dell’attività espositiva nella città di Rovigo sia d’incentivo alla necessaria valorizzazione del ricco patrimonio artistico e culturale esistente nel capoluogo polesano.
Il successo italiano a Parigi negli anni dell’impressionismo:la Maison Goupil Rovigo, Palazzo Rovella via Laurenti 8/10 22 febbraio – 23 giugno 2013 orari: mar-ven 9.00-19.00; sab 9.00-20.00;festivi 9.00-20.00 Tel.0425 460093 info@palazzoroverella.com www.mostragoupil.com
Fotografo di successo delle star del cinema e del rock nella Swinging London e nei mitici Seventies – e per questo ispiratore del film Blow Up di Antonioni – Brian Duffy nel 1979 accende un falò che segnerà il suo addio alla fotografia. Il figlio Chris però riesce a recuperare dalle ceneri 160 lavori di cui 80 saranno in esposizione dal 12 gennaio al 25 marzo 2012 al Museo Nazionale Alinari della Fotografia, in occasione di Pitti Uomo Immagine 81. Duffy, infatti, insieme a David Bailey e a Terence Donovan, formava la cosiddetta ‘Black Trinity’ che codificò il linguaggio visivo della Londra degli anni Sessanta. Leggi tutto “Brian Duffy a Pitti Uomo: rock & fashion nella Londra anni ’60-’80”
Amedeo Modigliani, Nudo, 1917, olio su tela, cm 73 x 116,7, New York, Solomon R. Guggenheim Museum, Solomon R. Guggenheim Founding Collection, per donazione
Se mi soffermo sul titolo scelto per questa importante mostra, Gli Anni Folli – La Parigi di Modigliani, Picasso e Dalì 1918-1933, la mia mente spicca il volo e corre tra le mansarde e i boulevards della capitale d’inizio Novecento. La Parigi delle esposizioni universali, centro nevralgico in cui confluiva la cultura del globo intero nella sua strabiliante varietà.
Piet Mondrian, Schilderij N. 1. Losanga con due linee e blu, 1926, olio su tela, cm 61,1 x 61,1, Philadelphia Museum of Art, A.E. Gallatin Collection, 1952
Penso alla straordinaria enarmonia dettata dal costante dialogo tra differenti discipline quali: pittura, scultura, musica, fotografia, danza, teatro, ecc. Non solo un’osmotica amalgama di linguaggi, ma una radicale fusione di arte e vita che, in questi anni particolari, a cavallo tra i due conflitti mondiali, pare essere indissolubile. L’arte non si esprime senza il brulicare della vita stessa ben testimoniato dalle biografie di artisti, intellettuali, collezionisti e dalla gente comune, fatte di speranza e incertezza, di gioia e disillusioni.
Ilse Bing, Parigi, Champs de Mars. Veduta dalle scale della Tour Eiffel, VII arrondissement, 1931, Stampa su gelatina al bromuro d’argento, cm 26,8 x 34, Parigi, Musée Carnavalet, Histoire de Paris
Con questa mostra, inaugurata sabato 10 settembre nella storica cornice del Palazzo dei Diamanti, Ferrara Arte ha cercato di ricostruire questo spirito, questa atmosfera, aprendo il sipario con le opere di due grandi maestri, Monet e Renoir che, ancora attivi al termine del primo conflitto mondiale, costituiscono il naturale trait-d’union con la modernità.
Salvador Dalí, L’eco del vuoto, c. 1935, Olio su tela, cm 73 x 92, Milano, Collezione privata
La sensualità femminile immortalata da De Chirico o Foujita e il mondo fantastico esplorato da Chagall testimoniano il fermento dell’École de Paris, mentre la luce e la natura della Côte d’Azur si riverberano nella capitale francese attraverso le opere di Matisse, Bonnard e Maillol. Il linguaggio cubista si ammorbidisce confluendo in una sinuosità di forme e linee qui rappresentate dalle nature morte di Picasso e Braque, o dall’essenzialità di Ozenfant e di Jeanneret, meglio noto come Le Corbusier. Leggi tutto “Ferrara/Gli Anni Folli nella Parigi del primo Novecento”