Biennale Musica23# Eno. Burning, time and mortality (Ita/En)

Venezia, Biennale Musica#23 – Micro-Music. Brian Eno sulla terrazza di Ca’ Giustinian, dopo la premiazione a Leone d’Oro alla carriera. Foto di Octavian Micleusanu

La prima mondiale dell’opera Ships, del Leone d’Oro alla Carriera per la musica Brian Eno, è stata messa in scena dallo stesso Eno al Teatro La Fenice, accompagnato dalla Baltic Sea Philharmonic condotta da Kristjan Järvi, insieme all’attore Peter Serafinowicz, al chitarrista e collaboratore Leo Abrahams, e al software designer Peter Chilvers.
Quello che ne è risultato è stata un’intensa tempesta emozionale contemporaneamente  ad un inabissamento nell’arte del rock: sulla nave di Eno eravamo intrattenuti con ogni tipo di possibilità in simultanea. In apertura “The Ship“, un lavoro elegiaco di ambient music intessuto con testi e riflessioni sui viaggi e sulle guerre. Una canzone senza ritmi o accordi in progressione ma semplicemente cantata sul suono ambient originato da un’installazione che Eno ha commissionato ad un’organizzazione artistica svedese, Fylkingen.

67. Festival Internazionale di Musica Contemporanea 2023, Ships di Brian Eno al Teatro La Fenice di Venezia. Foto di Cobi

Segue “Next Fickle Sun” in tre parti, con testi che parlano della tetra vita di un soldato e del suo oscuro lavoro. Timbri di metalli e vetri fusi nel fuoco orchestrale con ottoni, corde, arpe, percussioni, chitarre elettriche, voci, computer, tastiere, nastri, tutti i tipi di effetti vocali e ambientali miscelati in un’unica texture, per navigare negli oceani infernali (o quelli solari) e sciogliersi emozionalmente nell’euforia che si prova nel dolore di un piercing: ogni fitta dura sempre più a lungo, sempre più acuta, fino a che il corpo non si dissolve, traccia dopo traccia, sempre più intensamente.

When I was a young soldier
I turned my eyes directly to the sun
To burn off all that I had seen
To wipe away what I had to be
[…]
The phoenix broods, serene above the moment.
You are fighting for, I wonder what, destiny.
We waste away our hours and darken.
Beneath the velvet of a strong optimism.
Britain’s most fateful hour is spun.
Copy this point on a gong.” […]

67. Festival Internazionale di Musica Contemporanea 2023, Ships di Brian Eno al Teatro La Fenice di Venezia. Foto di Cobi
67. Festival Internazionale di Musica Contemporanea 2023, Ships di Brian Eno al Teatro La Fenice di Venezia. Foto di Cobi

Altre tracce sonore incluse nel programma sono “By This River“, “Making Gardens out of Silence” and “There Were Bells“.

Vestita di lustrini rock anni ’70/’80, ero avvolta nella mia piccola capsula spaziale negli opulenti interni del meraviglioso Teatro La Fenice di Venezia (‘fenice’ è anche l’uccello della mitologia). Lo show fluisce tra le maree, tra l’astrazione e la canzone, tra forma e caos, tra lenti ondeggiamenti casuali e cerchi ritmici, dissonanze, accordi luccicanti e di nuovo sorprese come “I’m set free to find another illusion“.

Brian Eno ha avuto una prolifica carriera come musicista e artista visivo. Insieme ai suoi album solisti di canzoni e brani strumentali, egli ha prodotto album che sono pietre miliari del rock con Talking Heads, U2 e David Bowie e ha collaborato con personaggi della dance-music come Karl Hyde, degli Underworld, e il produttore Jon Hopkins. Egli è anche un pioniere dell’ambient music e della video arte computerizzata come l’opera  77Million Paintings.

Ships: 2023, 75′, prima mondiale
Voce: Brian Eno
Seconda voce: Peter Serafinowicz
Parti vocali: Melanie Pappenheim
Chitarra: Leo Abrahams
Tastiere: Peter Chilvers
Baltic Sea Philarmonic
Condotta e orchestrata da: Kristjan Järvi
Produzione e commissione de: La Biennale di Venezia
In collaborazione con la Fondazione Teatro La Fenice
https://www.labiennale.org/en/music/2023/music-performances/brian-eno-ships

Cobi van Tonder
https://www.otoplasma.com/

 

Burning, time and mortality.  The world premiere of Golden Lion Lifetime Achievement in Music winner Brian Eno‘s Ships in Teatro La Fenice, was performed by Eno himself and featuring the Baltic Sea Philharmonic conducted by Kristjan Järvi, together with actor Peter Serafinowicz, guitarist and collaborator Leo Abrahams, and software designer Peter Chilvers.
What followed was an intense emotional storm and art rock abyss at the same time – in Eno’s ship we are entertained by all kinds of simultaneous possibilities.  Opening with “The Ship“, an elegiac work of ambient music meshed with lyrics, reflects on journeys and wars. A song without beats, or chord progressions but simply sung against ambient sound originated from an installation Eno did commission by Swedish arts organization, Fylkingen. Next Fickle Sun in 3 parts, with lyrics about the dismal work of a soldier’s life. A timbre of metal and glass melted in the fire, the orchestra with brass, strings, harp, percussion, electric guitar, voice, computer, keyboards, tape, all kinds of vocal effects, ambient all melted together into one texture, of sailing in hell’s oceans (or that of the sun) and getting emotionally dissolved into of the euphoria that comes with piercing pain – each stab longer, more intense, till the body dissolves, track after track more intense.

When I was a young soldier
I turned my eyes directly to the sun
To burn off all that I had seen
To wipe away what I had to be
[…]
The phoenix broods, serene above the moment.
You are fighting for, I wonder what, destiny.
We waste away our hours and darken.
Beneath the velvet of a strong optimism.
Britain’s most fateful hour is spun.
Copy this point on a gong.
[…]

Other tracks included By This River, Making Gardens out of Silence and There Were Bells.

Dressed up in 70s/80s art rock shimmer, embraced by my little stall capsules and opulent interior in the wonderful La Fenice theatre in Venice (which also means ‘phoenix’).  The show ebbs and flows between abstract and song, form and chaos, slow chance swells and rhythmic loops, dissonance, glistening chords, and back again to surprises like “I’m set free to find another illusion“.

Brian Eno has had a prolific career as a musician and visual artist. Along with his own solo albums of songs and instrumentals, he has produced landmark rock albums with Talking Heads, U2 and David Bowie and collaborated with dance-music figures like Karl Hyde, from Underworld, and the producer Jon Hopkins. He is also a pioneer of ambient music and of computerized video art like 77Million Paintings.

Ships: 2023, 75′, world premiere
Voice: Brian Eno
Additional voice: Peter Serafinowicz
Vocals: Melanie Pappenheim
Guitars: Leo Abrahams
Keyboards: Peter Chilvers, Baltic Sea Philarmonic
Conducted and live orchestrated by: Kristjan Järvi
Commission, production: La Biennale di Venezia
In collaboration with: Fondazione Teatro La Fenice
https://www.labiennale.org/en/music/2023/music-performances/brian-eno-ships

Cobi van Tonder
https://www.otoplasma.com/

Venezia – Biennale Musica23# ROBERT HENKE – CBM 8032 AV

67. Festival Internazionale di Musica Contemporanea 2023, CBM 8032 AV di Robert Henke al Teatro Malibran di Venezia. Foto di Cobi

Robert Henke, ingegnere e compositore, ha presentato il suo celebre progetto CBM 8032 AV nello spazio acustico del Teatro Malibran.

Lo spettacolo incomincia comincia con Henke che introduce i computer CBM 8032 come “i nonni del famoso C-64 (Commodore 64) […] Diversamente dal C-64, non avevano scheda audio né colore e neanche grafica, solo testo e simboli. Sono oggetti iconici degli albori dell’era del personal computer, e funzionavano con la stessa CPU, che è stata usata anche nei computer Apple I e Apple II. Gli sviluppi di questa tecnologia hanno trasformato gli hippy in nerds, e poi in miliardari; hanno avuto un enorme  impatto sulla cultura popolare a molti livelli, dal cinema alla poesia, dalla musica al graphic design“. Henke aggiunge che i limiti del sistema (in opposizione alle opzioni illimitate) sono esattamente ciò che gli piace per produrre buona musica/arte. Egli è alla ricerca proprio di queste limitazioni.

Con la programmazione delle routines per il  sequencer, la grafica – e il suono – direttamente in linguaggio macchina (il codice riconosciuto dal processore stesso), è possibile ottenere video e suono da una CPU che funziona alla velocità clock di 1 MHz. Quando si programma in linguaggio macchina, non ci sono livelli d’interpretazione tra il codice scritto e ciò che il computer fa con il codice stesso. Il codice dirige il flusso dei dati attraverso il chip”. Lo Studio Henke (per essere realizzato il progetto ha richiesto un team si programmatori e di ingegneri) ha sviluppato una scheda circuitale con due convertitori analogico-digitale a 8-bit (‘DACs‘) e, in più, un bus parallelo a 8-bit (per gli interessati a tutti i dettagli: https://roberthenke.com/technology/inside8032av.html] ).

Sul palco, in fila ordinata, 4 schermate CBM 8032 con testo verde, sovrapposte al design architettonico “barocco” del Teatro Malibran, tendono a rendere l’atmosfera piuttosto futuristica. La musica varia dai suoni divertenti, groovy, melodici, e idiosincratici del computer, ai bassi danzabili della musica techno per i quali Henke è conosciuto (Monolake). Le bellissime grafiche creano una notevole rassegna di realtà digitali, algoritmiche, in combinazione con un profondo senso del ritmo e della struttura.

Per l’autore, è una prima esperienza di “bass music“, solitamente riservata ai capannoni e a bettole da quattro soldi “beer-in-hand”, e qualche volta ai teatri moderni, con una scenografia così stravagante. La qualità del suono è favolosa, mostrando il potenziale di Venezia nell’abbracciare il moderno in un modo molto speciale…
-CvT  (Cobi van Tonder)

Biennale Musica – Micro-Music
Teatro Malibran
CBM 8032 AV, 17/10/2023
Robert Henke

 

Robert Henke, engineer and composer, presented his celebrated project CBM 8032 AV in the acoustic space of the Teatro Malibran.
The show starts with Henke introducing the CBM 8032 computers as the “grandfathers of the successful C-64 (Commodore 64) computers […] Unlike the C-64, they had no sound chip and neither color nor pixel graphics, just text, and symbols. They are iconic objects of the beginning of the personal computer area, and they are driven by the same CPU, which was also used in the Apple I and Apple II computers. The development turned hippies into computer nerds, and later into billionaires; it had impacts on popular culture on many levels from cinema to poetry, from music to graphic design”. Henke adds that the system’s limitations (as opposed to limitless choices) are exactly what he likes to produce good art/music. He wants these constraints.
By programming the sequencer, the graphics- and sound -routines directly in machine language, the code understood by the microprocessor itself, it is possible to get video and sound out of a CPU running at a clock speed of 1 MHz. When programming in machine language, there are no layers of interpretation between the code written and what the computer does with it. The code directs the data flow through the chip”. Studio Henke (the project required a team of programmers and engineers to realise it) added a self-developed circuit board featuring two 8-bit digital analog converters (‘DACs’) and an additional 8-bit parallel output bus (for those interested in all the details: https://roberthenke.com/technology/inside8032av.html].

On stage, in a neat row, 4 CBM 8032’s, green text on the screen, juxtaposed against the baroque architectural design of the Teatro Malibran, makes for quite the futuristic atmosphere. The music varies from humorous, groovy, melodic, and idiosyncratic computer sounds to the danceable techno bass music we know Henke (Monolake) for. The fabulous graphics makes for a very substantial show, of digital, algorithmic realities blending with a deep sense of rhythm and structure.

For the author, it’s a first to experience bass music (usually reserved for warehouses and trashy beer-in-hand dive bars) and sometimes modern theatres in such an extravagant setting. The sound quality is fabulous, showing the potential of Venice to embrace the modern in a very special way..
-CvT 

Biennale Musica – Micro-Music
Teatro Malibran
CBM 8032 AV, 17/10/2023
Robert Henke

Venezia/Biennale Musica#. Maryanne Amacher (ita/en)

Biennale Musica 2023 – Maryanne Amacher, GLIA, 2006, Italian première. Photo courtesy Labiennale

Un notevole climax per la Biennale Musica: la fenomenale piece per ensemble e nastro GLIA della compositrice  Maryanne Amacher, eseguita dall’odierno Ensemble Zwischentöne diretto da Bill Dietz al Teatro alla Tese, (Arsenale di Venezia) il 16 ottobre scorso.
Con GLIA, Amacher si riferisce alle cellule gliali, talvolta chiamate “la colla” del sistema nervoso, perché forniscono supporto fisico e chimico ai neuroni e contribuiscono al loro mantenimento. Amacher costruisce la musica attraverso lo spazio vivente, includendo e incorporando ogni organismo umano presente nello spazio, l’architettura e le relazioni tra l’ensemble, il nastro e gli stessi corpo e spazio.
L’artista penetra e attiva le orecchie e i corpi dell’uditorio nello spazio, letteralmente attraverso l’incorporazione di emissioni otoacustiche – suoni emanati dall’interno dell’ orecchio degli ascoltatori, ai quali talvolta ella si riferisce come “il terzo orecchio“. La sensazione è quella di un suono che, saltando all’interno dell’orecchio stesso, dissolva lo spazio esterno in quello interno in maniera molto dilettevole.
L’uditorio è invitato a muoversi nello spazio, libero di collocarsi dietro a un performer per avere una visuale più intima dello spartito e dell’azione, ma anche di cogliere le sensazioni sensoriali, le proprietà fisiche delle onde sonore propagate nello spazio e quanto pure quest’ultimo si trasformi e si comporti differentemente in altre zone.
Inoltre, anche i membri dell’ensemble talvolta si alzano e suonano camminando attraverso lo spazio scenico. La pièce evolve come un soffice, lento, fantasmatico drone, che si addentra in incredibili gradazioni d’altezza, nella densità intrinseca delle strutture frequenziali, per produrre colori, pulsazioni e vibrazioni d’altri mondi, fino all’esplosione di melodie rapide, sonore, arpeggiate, (sono parte delle sezioni otoacustiche che accompagnano cantando con le orecchie), che alle volte suonano come un miliardo di melodie simultanee – La sensazione è quella di udire il tempo, di  udire un secolo tutto in una volta. Si muove nell’uditorio un senso di unione, di happening. Le parti elettroniche talora si fondono interamente con l’ensemble, rendendolo  quasi indistinto. Ad un certo punto, si ha quasi la certezza che l’ensemble stia suonando freneticamente e poi, con sorpresa, ci si accorge che è solo il nastro: i musicisti siedono quietamente come fossero statue – un capolavoro.
– CvT (Cobi van Tonder)

Biennale Musica
Teatro alle Tese
Ensemble Contrechamps & Ensemble Zwischentöne – direttore, Bill Dietz / Maryanne Amacher, GLIA per strumenti ed elettronica

A remarkable highlight of the Biennale Musica – the phenomenal piece for ensemble and tape GLIA, by late composer Maryanne Amacher, and executed under the direction of current Ensemble Zwischentöne director Bill Dietz at Teatro alla Tese, Venezia on 16 October 2023.
In GLIA, Amacher refers to glial cells, sometimes called the “glue” of the nervous system, because they provide physical and chemical support to neurons and maintain their environment. Amacher constructs the music
through live space, including and incorporating each human body inside the space, the architecture, and the relationships between ensemble, tape, body, and space.
She penetrates and activates the ears and bodies of the audience in the space, literally through her incorporation of otoacoustic emissions – sounds emanating from
inside listeners’ ears, which she sometimes referred to as “the third ear“. The sensation is that of sound jumping into one’s ears, blurring what is external and internal space in a delightful manner. The audience is invited to move around the space, free to stand right behind a performer and have an intimate view of the score and action, but also to sense the physical properties of the sound waves in the space and how it’s different, how it behaves differently in other areas. Also, ensemble members sometimes get up and play while walking through the space. The piece evolves from a soft, slow, ghostly drone, through incredible pitch combinations with inherent dense frequency structures, to produce otherwordly colors, pulses, and vibration, to an explosion of fast, loud, arpeggiated melodies (that are part of the
otoacoustic sections with one’s ears singing along), at times sounding like a billion simultaneous melodies – the sensation is that of hearing time, hearing a century all at
once. Moving with the audience, a sense of togetherness, of happening.
The electronic parts sometimes blend entirely with the ensemble, making it almost undifferentiable. At one point, one is sure the ensemble is playing frantically and
then, with a surprise, realizes it is only the tape; they are sitting quietly like statues—a masterpiece.
– CvT

Biennale Musica
Teatro alle Tese
Ensemble Contrechamps & Ensemble Zwischentöne – director, Bill Dietz / Maryanne Amacher, GLIA

The Whale (2022) diretto da Darren Aronofsky

Charlie è un Professore di Lettere universitario che non lascia mai il suo appartamento.

Sadie Sink al photocall del film The Whale, di Darren Aronofsky, presentato alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Credits Octavian Micleusanu

Conduce le sue lezioni online, disabilitando la fotocamera del suo laptop in modo che gli studenti non possano vederlo. Anche la cinepresa, guidata da Darren Aronofsky e dal suo direttore della fotografia, Matthew Libatique, non si muove di casa per la maggior parte del tempo. Di tanto in tanto giusto una vista esterna dello squallido edificio basso in cui vive Charlie, o una breve boccata d’aria fresca sul pianerottolo davanti alla sua porta. Ma queste pause alimentano solo un pervasivo senso di reclusione.

Brendan Fraser, protagonista di The Whale di Darren Aronofsky, al photocall della 79° Mostra d’Arte Cinematogarfica di Venezia. Credits Octavian Micleusanu

Basato su un’opera teatrale di Samuel D. Hunter (a cui si deve la sceneggiatura), “The Whale
è un esercizio di claustrofobia. Piuttosto che aprire un testo legato al palcoscenico, come potrebbe fare un regista meno sicuro di sé, Aronofsky intensifica la stasi, il calamitoso senso di blocco che definisce l’esistenza di Charlie. Charlie è intrappolato – nelle sue stanze, in una vita che è andata fuori dai binari, e soprattutto nel suo stesso corpo.
È sempre stato un tipo grosso, dice, ma dopo il suicidio del suo amante, il suo modo di mangiare è andato fuori controllo”. Ora la sua pressione sanguigna sta aumentando, il suo cuore sta cedendo e i semplici sforzi fisici di alzarsi e sedersi richiedono uno sforzo enorme e un’assistenza meccanica.

Cast del film “The Whale” di Darren Aronofsky, con Brendan Fraser, Sadie Sink e Hong Chau sul red carpet del Palazzo del Cinema durante la 79° Mostra d’Arte Cinematografica d Venezia. Credits Octavian Micleusanu

La taglia Oversize di Charlie è il simbolo dominante del film e il principale effetto speciale. Racchiuso in un corpo di lattice, Brendan Fraser, che interpreta Charlie, offre una performance che a volte è di una grazia disarmante. Usa la sua voce e i suoi grandi occhi tristi per trasmettere una delicatezza in contrasto con la grossolanità corporea del personaggio. Ma quasi tutto ciò che riguarda Charlie – il suono del suo respiro, il modo in cui mangia, si muove e suda – sottolinea la sua abiezione, a un livello che inizia a sembrare crudele e voyeuristico.
“The Whale” si svolge nel corso di una settimana, durante la quale Charlie riceve una serie di visite: dalla sua amica e custode informale, Liz (Hong Chau); da Thomas (Ty Simpkins), un giovane missionario che vuole salvarsi l’anima; dalla figlia adolescente separata, Ellie (Sadie Sink), e dall’ex moglie amareggiata, Mary (Samantha Morton). C’è anche un fattorino della pizza (Sathya Sridharan) e un uccello che di tanto in tanto si presenta fuori dalla finestra di Charlie.

L’attrice Hong Chau sul red carpet del Film The Whale di Darren Aronofsky alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica. Credits Octavian Micleusanu

A proposito, Charlie non è l’unica balena citata in “The Whale”. Il suo bene più prezioso è, inevitabilmente, un saggio studentesco su “Moby Dick”, la cui paternità viene rivelata alla fine del film. È un bel pezzo di critica letteraria ingenua – forse la migliore sceneggiatura del film –
su come i guai di Ishmael abbiano costretto l’autore a pensare alla trasposizione del racconto
nella propria vita. Forse i guai di Charlie sono pensati proprio per avere la stessa funzione del classico di H.Melville. Charlie stesso diventa il punto nodale nella sua rete di traumi e rimpianti, alternatamente agente, vittima e testimone dell’infelicità di qualcun altro. Ha lasciato Mary quando si è innamorato di uno studente maschio, Alan, che era il fratello di Liz ed era cresciuto nella chiesa a cui appartiene Thomas. Mary, una forte bevitrice, ha tenuto
Charlie lontano da Ellie, che è diventata un’adolescente ribelle e intrattabile. Il dramma esplode in raffiche di verbosità teatrale e balbettii. La sceneggiatura travolge la logica narrativa a favore dell’onestà emotiva. Purtroppo l’elaborato delle varie questioni comporta molti spostamenti di colpe e voli pindarici etici. Tutti e nessuno sono responsabili; le azioni hanno conseguenze e contemporaneamente non ne hanno.
Argomenti del mondo reale come la sessualità, la dipendenza e l’intolleranza religiosa fluttuano liberi da qualsiasi relazione credibile con la realtà. La morale che trasuda dalle urla (e dalla costante sollecitazione dei nervi dello spettatore ad opera della colonna sonora di
Robert Simonsen) è che le persone sono incapaci di disinteressarsi realmente l’una dell’altra.
Che lo si pensi possibile o meno, Herman Melville e Walt Whitman forniscono una giustificazione letteraria dell’idea, tuttavia l’esplorazione del potere dell’empatia umana in
The Wahle; è annullata dalla psicologizzazione semplicistica e dalla confusione intellettuale.

Il regista Darren Aronofsky al photocall del film The Whale alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica. Credits Octavian Micleusanu

Aronofsky ha la tendenza a giudicare male i propri punti di forza come regista. È un brillante manipolatore di stati d’animo e un formidabile regista di attori, specializzato in personaggi che si fanno strada, attraverso angoscia e illusione, verso qualcosa come di trascendente.
Mickey Rourke lo ha fatto in The Wrestler, Natalie Portman in Black Swan, Russell Crowe in Noah; e Jennifer Lawrence in Mother; Fraser fa la sua impresa per unirsi alla loro
compagnia – anche Chau è a dire il vero eccellente – ma The Whale, come alcuni degli altri progetti di Aronofsky, è purtroppo travolto dalle sue grandiose e vaghe ambizioni, finendo per
risultare esagerato e fantasiosamente inconsistente.
Daniele Bonomelli

La 79ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia

“The Whale” diretto da Darren Aronofsky

Giorgio Piccaia, Studio Aperto. Arte e spiritualità sul Lago Maggiore con Fibonacci e San Francesco

Giorgio Piccaia

Nato a Ginevra, con studi in architettura al Politecnico di Milano,  figlio d’arte, già performer, giornalista (Anastasia) e allievo di Jerzy Grotowski, il poliedrico artista internazionale Giorgio Piccaia oggi ha aperto al pubblico il suo Atelier nel centro storico di Agrate Conturbia, in provincia di Novara.
Proprio nel battistero della stessa cittadina, poco distante dal suggestivo paesaggio del Lago Maggiore, fino a fine febbraio il pittore italo-svizzero ha allestito la seconda mostra ambientata all’interno di un “percorso dei battisteri” (già a Velate, Varese), e dedicata a due esponenti di rilievo del genio italiano: il matematico pisano Leonardo Fibonacci e il famoso mistico suo contemporaneo, San Francesco d’Assisi.
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