Arman/Vecchiato: la petite exposition in dirittura d’arrivo

Arman
Opera di Arman

Si è da poco conclusa la petite exposition che la Galleria Vecchiato di Padova (sede bohemienne) ha allestito per ripercorrere le tracce della splendida carriera del maestro del Nouveau Réalisme Arman (1928-2005).
Vecchiato allestisce gli oggetti ritrovati dell’artista francese dal punto di vista privilegiato di chi ha conosciuto e collaborato con il pittore-scultore nizzardo che, nel 1960, ispirandosi a Rauschemberg e Jones  aderì al manifesto del Nouveau Réalisme con  Restany, Kline, Spoerri, Raysse, César, Villeglé, Christo,Tinguely, Saint-Phalle, Rotella.
Recuperando il gesto dadaista dell’appropriazione di oggetti banalizzati dal consumo, Arman li reinventa e, utilizzandoli come materia cromatica, li trasforma in opere d’arte: si tratta della riappropriazione sociale del reale da parte dell’artista-uomo.

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Champagne e stile Neofloreale al Salone del mobile di Milano

Design ed Art Nouveau figurano nella sintesi di Flower Table, un tavolino da Champagne creato da Noé Duchaufour per Perrier-Jouët.

É nel segno dei tempi un oggetto che ricrea l’eleganza lineare degli anemoni disegnati da Emile Gallé sulla Cuvée Belle Epoque del 1902, distillandone il canone nel filtro novecentesco per sortirne un’opera che esalta il grande edonismo di vecchi e nuovi ricchi.

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Utopia Matters. Dalle confraternite al Bauhaus

UTOPIA MATTERS: DALLE CONFRATERNITE AL BAUHAUSNel trentennale dalla fondazione, il 1° maggio apre al pubblico della Collezione Peggy Guggenheim una della mostre più interessanti del momento, Utopia matters. Dalle confraternite al Bauhaus.

Gli esiti più rivoluzionari di questo percorso erano già stati annunciati nella mostra vercellese Peggy e Solomon R. Guggenheim. Le avanguardie dell’astrazione, incentrata sui due artisti che hanno ufficialmente dato il via all’astrattismo novecentesco, Vasily Kandinsky e Piet Mondrian ed i loro grandi collezionisti, Peggy e Solomon Guggenheim. (fino al 30 maggio, Chiesa di San Marco)

L’esposizione veneziana segue infatti il fil rouge dell’idealismo ottocentesco che, dal purismo dei cenacoli romantici di Primitfs, Nazareni e Preraffaelliti, seguaci di Perugino e del Sanzio, conduce attraverso il secolo e al volgere del successivo fino alla smaterializzazione dell’oggetto nell’arte e alla sua consecutiva sublimazione nella forma pura.

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Il collettivo nell’arte: l’Allegoria del Trionfo di Venere del gruppo D.D.T

Inaugura il giorno 8 maggio Dal canto nostro, la prima esposizione collettiva di una serie di tre dedicata al Gruppo D.D.T. (Drago, Dadadopo e Trilling), formatosi a Roma nei primi anni Duemila attorno alla personalità del pittore Gian Paolo Berto. Esporranno accanto al maestro adriese le artiste Giorgia Marzi, Ilaria Rezzi, Alessia Severi.

Ogni pittrice presenterà la sua prova d’ammissione al gruppo, una personale versione della famosa  Allegoria del trionfo di Venere (1540-1545) di Agnolo Bronzino, nota anche come Venere, Cupido, la Follia e il Tempo, conservata alla National Gallery di Londra: un quadro, secondo Berto, in cui ci sono tutte le passioni umane.

L’originale è infatti un’opera manierista di rara bellezza, esplicitamente erotica. L’Allegoria rappresenta entro forme serpentine e cristallizzate, intrise di colori saturi, lapidei e brillanti, il potere illusorio dell’amore sensuale: la lussuria pietrifica l’uomo, analogamente allo sguardo della Gorgone,  facendolo regredire allo stadio alchemico primevo.
Il quadro fu offerto come dono dalla neonata Signoria fiorentina al re Francesco I di Francia, negli stessi anni in cui il granduca Cosimo I commissionava a Benvenuto Cellini un Perseo che, ormai liberatosi dalla tirannia delle passioni, vincendo Medusa, era inteso ad sancire pubblicamente il trionfo della giovane Signoria sulle vestigia della Repubblica.

Giorgia Marzi

La riproduzione di un capolavoro per Gian Paolo Berto è un invito, una provocazione a ricercare la propria cifra nella storia dell’arte: Giorgia Marzi presenterà una copia non fedele, ma interiorizzata, del sublime gioco di seduzione ed inganno di Venere e Amore raffigurato nell’opera del Bronzino. Accanto, figurerà  la storia di un’altra coppia “impossibile”, quella di Pinocchio e Alice, quasi un cartoon compiuto per mezzo della manipolazione grafica e concettuale della materia letteraria. Allieva di Sandro Trotti, Giorgia Marzi è formidabile ritrattista dal vero, rapida nel cogliere i moti dell’esistenza e dell’animo e nel siglarli con un segno che, come l’arte taoista, tende alla sintesi di narrazione e calligrafia.

Ilaria Rezzi
Ilaria Rezzi, Allegoria del trionfo di Venere d'après Bronzino

Ilaria Rezzi
Il primo d’après di Ilaria Rezzi coglie invece l’aspetto scenico della machina cinquecentesca e dalla semplificazione delle forme ne trae la contemporaneità, accentuando il carattere decorativo dell’opera. La sofisticata lascivia dell’episodio centrale lascia il passo alla grazia naturale della tenerezza e il colore, steso in grandi campiture, si spoglia della levigatezza marmorea pur conservando i timbri luminosi e facendosi sontuoso nella resa delle due cortine laterali del sipario d’après Hundertwasser. Ora l’artista sta lavorando ad una seconda versione dello stesso soggetto, realizzata con la moderna tecnica del collage. Infatti, nella pittura di Ilaria Rezzi spesso si riscontra, come in un fumetto, in una predella medievale o nella Pop Art, la compresenza di diverse immagini nello stesso quadro in cui ha luogo la narrazione del quotidiano, il realismo della metropoli, l’esperienza del viaggio vissuta nelle distanze geografiche così come nello spazio interiore dell’incontro con la storia e con le tecniche dell’arte.

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Arte e artigianato. Magia, ritualità e seduzione nella scrittura del tappeto berbero

tappeti berberi
Foto: J. Ing. Pietro Ravasi

Vernice bagnata sui colori infuocati dei tessuti tribali annodati a mano dalle donne berbere, nell’allestimento open-air dello studio di grafica editoriale Ready-made al Fuori Salone milanese di sabato 17 aprile.

Il freewriter Gaetano La Rosa commenta le rivisitazioni di Mohamed El Alami per la linea Berber Rugs di Afolki nella suggestiva cornice ottocentesca di un cortile interno, rivestito di arazzi e illuminato da lanterne.

Una magnifica installazione – afferma La Rosa – i tappeti tradizionali berberi erano stati collocati anche sui davanzali delle finestre e la pioggia giunta all’improvviso ha contribuito ad esaltare i timbri brillanti dei colori. Notevole pure la conferenza dell’esperta Chiara Battini.

Che valore ha il tappeto all’interno della tribù?

Il tappeto è l’unico oggetto di scambio per queste comunità del Maghreb, originariamente nomadi e autosufficienti, ma oggi per lo più stanziali. Le artiste sono donne: le tessitrici berbere gestiscono tutte le fasi della lavorazione, creano il tappeto in forma rituale, con simbolismi precisi e codificati, storie e messaggi che sono segni di identità e di appartenenza.

Che materiali vengono usati e che colori?

Lane e pigmenti vegetali. Prevalgono i gialli, i rossi e i neri, tratti da henné, cocco, melograno. Leggi tutto “Arte e artigianato. Magia, ritualità e seduzione nella scrittura del tappeto berbero”