
Per festeggiare l’evento il 31 marzo 2011 alla Biblioteca Statale di Trieste si terrà un brindisi d’inaugurazione della mostra retrospettiva “Juliet 30 years” dove, accanto a “documenti, progetti originali, primi numeri della rivista, produzioni extraeditoriali” si troveranno le opere originali di Maurizio Cattelan, Piero Gilardi, Annamaria Iodice, Milan Kunc, Claudio Massini, Giovanni Pulze, Antonio Sofianopulo, Oreste Zevola e le foto di Fabio Rinaldi.
Le celebrazioni del trentennale, iniziate in realtà nel dicembre 2010 e proseguite con un infilata d’eventi, tra cui i più recenti, il 15 e il 22 marzo, l’opening in due location (Miti Café di via Torrebianca e Bar Ferrari di via San Nicolò) per le “Piccole sculture per il cuore” di Tiziana Pecorari e, in previsione, il 2 aprile la vernice della personale di Alberto Rocca e, il 14 aprile, allo Spazio Juliet (in via Madonna del Mare 6, h 18.30) una mostra di Nino Barone.
Qualche domanda a Roberto Vidali, direttore di Juliet Art Magazine.
In quale clima è nata l’idea di creare una rivista d’arte?
“La chiusura improvvisa della gloriosa testata ‘Data’ ci illuse che un varco si fosse aperto per una proposta nuova e alternativa al sistema”.
Chi c’era tra i soci fondatori?
Il primo numero della rivista “Juliet” vide la luce nel dicembre del 1980 grazie allo sforzo di sei sognatori: Davio Fabris, Giuliana Ferrara, Rolan Marino, Antonio Sofianopulo, Roberto Vidali, Oreste Zevola. L’associazione vide la luce più tardi, nel senso che quelli che rimasero, fecero quadrato e rifondarono l’esperienza della rivista all’interno di un’associazione. Questo successe il 12 dicembre del 1986”.
Qual è l’ingrediente che ha reso la tua rivista tra le più originali in Italia?
“Piero Gilardi sostiene che il quid di “Juliet” sia il continuo dialogo con gli artisti emergenti e con delle scelte esterne alla volontà coercitiva del mercato ufficiale. Io credo che molto dipenda dalla determinazione, dalla capacità di osare, dai molti sostegni che ci sono stati dati, dalla stima e dall’amicizia che molte persone hanno nei nostri riguardi”.
Come sono nate, ad esempio, le collaborazioni con Cattelan, Ontani, Kostabi?
“Ogni iniziativa è nata con molta semplicità. Maurizio Cattelan aderì alla festa dei nostri primi dieci anni e da lì sortirono gli appuntamenti successivi, fino alla mostra nello spazio “Juliet” nel 1992, la copertina e i vari servizi che gli vennero dedicati”. Per Luigi Ontani il legante fu la passione che noi si dimostrò per la particolarità del suo lavoro e per gli rispetto che gli dedicammo nel cercare di presentarlo al meglio. Con Mark Kostabi il tramite fu un nostro collaboratore: l’irrestringibile Luciano Marucci”.
Com’è cambiato il pubblico di “Juliet” in questi trent’anni?
“Credo che ci sia stato un evidente giro di boa: pochi sono gli affezionati della prima ora, molte sono le forze fresche e nuove: tra questi pubbliche istituzioni, gallerie, collezionisti, amatori. Pochi sono gli artisti abbonati. Credo che per lo più gli artisti desiderino poterla sfogliare gratis oppure usare la rivista come zeppa per un tavolo ballerino”.