Uno sguardo nell’invisibile

Palazzo Strozzi«Durante un chiaro pomeriggio d’autunno ero seduto su una panca in mezzo a piazza Santa Croce […]. Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte quelle cose per la prima volta. E la composizione del quadro apparve al mio spirito […]. Momento che tuttavia è un enigma per me, perché è inesplicabile».
Con queste parole Giorgio De Chirico ha descritto il momento in cui colse la rivelazione della realtà che precede la parola, il “grande silenzio” che possiamo ammirare nelle sue opere, spazi e geometrie aperte, piazze con figure solitarie e statue dalla sconcertante fissità, come ne “L’enigma di un pomeriggio d’autunno” del 1909, che aprì due decadi segnate dall’enigma della pittura del pensiero, la Metafisica.
A Palazzo Strozzi a Firenze l’occasione (fino al 18 luglio) per percorrere la via della pittura Metafisica segnata da De Chirico, Savinio e dai maestri della pittura che tentarono per mezzo dell”enigma la rappresentazione del mistero dell’inconscio, tra cui Ernst, Magritte, Carrà, Morandi, Balthus. Artisti di fama mondiale s’ispirarono alle atmosfere oniriche, ai dettagli ingranditi o rimpiccioliti, alle prospettive sfalsate, agli spazi deserti che creano suspance ed inquietudine in colui che fruisce dell’opera
De Chirico influenzò l’arte del Novecento in tutt’Europa: dal Surrealismo al Dada al Cubismo al mussoliniano “ritorno all’ordine”, reazione totalitarista all’esplosione delle avanguardie. A questo aristocratico italiano nato a Volos, in Grecia, formatosi in Francia e Germania e vissuto a Roma, l’avanguardia novecentesca riconosce la paternità della rappresentazione dell’invisibile e dell’inconscio: di ciò che sembra non esserci ma che in realtà informa tutto ciò che appare. Proprio di qui, dal simbolismo del linguaggio onirico, dal senso di spaesamento, dalle prospettive illusorie , prendono le mosse il Surrealismo e il Realismo magico di Carrà e Morandi. La pittura del Ventennio invece colse l’aspettto più esteriore della raffigurazione di monumenti, architetture e antichità classiche e la melanconia a cui si lega il senso di oppressione derivato dall’impossiblilità di un ritorno del glorioso passato italico. Nel caso di Balthus, la luce rivela l’improvviso insorgere di una sensualità prepuberale in uno spazio saturo di sottile erotismo. Da non perdere.