67^ Biennale cinema – Silent Souls (Ovsyanki)

67^ Biennale Cinema VeneziaIl regista russo Aleksei Fedorchenko, torna a Venezia con Silent Souls (Ovsyanki) film in concorso alla 67^ Biennale del Cinema, con il quale si aggiudica il premio Osella per la miglior fotografia.

Fedorchenko aveva già partecipato al Festival nel 2005 con il suo film d’esordio Pervye na Lune (First on the moon) un documentario con il quale vinse la sezione Orizzonti.
Ispirato al breve racconto di Denis Osokin, giovane autore e sceneggiatore kazako, Ovsyanki (Zigoli, dal nome degli uccellini chiave della vicenda) racconta un viaggio attraverso la memoria della propria terra. Alla morte della moglie, Miron chiede al suo amico Aist (voce narrante) di aiutarlo a praticare i rituali della cultura Merja, un’antica tribù ugro-finnica. I due uomini partono quindi per un viaggio che li porterà attraverso terre sconfinate. Lungo il tragitto Miron condivide i suoi ricordi più intimi, ma quando raggiungerà le rive del lago Nero, dove si separerà definitivamente del corpo della moglie, cremato sulla spiaggia, si accorgerà di non essere stato il solo ad amare Tanya. La cerimonia funebre darà ad Aist l’opportunità di riflettere sulla perdita del padre, che lo educò alla memoria.

La pellicola, d’impronta documentaristica, approfondisce i temi della morte (intesa sia come perdita personale che collettiva), che scorre lungo tutto il film e del recupero delle tradizioni, come quella della popolazione Mari, assorbita dai russi nel XVII secolo, che cerca di resistere al dominio culturale. Certo, un modo di fare cinema etno-antropologico che rappresenta una tappa fondamentale nella personale ricerca del regista sulle etnie della middle-russia.

Silent Souls, Aleksei Fedorchenko, Biennale cinema 2010
Silent Souls, Aleksei Fedorchenko, Biennale cinema 2010

Il tutto ruota attorno all’amore e all’acqua (che i Merja considerano un luogo sacro in cui morire e disperdersi) con un senso di morte che, come spesso accade nel mondo slavo, esalta la vita. Come Aist afferma, infatti, “la tristezza avvolge come una madre”, ragion per cui può perfino generare serenità. Ecco allora che i paesaggi, desolati e freddi, risultano carichi di malinconia, così come i volti degli interpreti, catturati da brevi primi piani.
L’andamento del film è lento, ma ricco di particolari interessanti. Significativa è la scena in cui il marito lava il corpo inerme della moglie con la vodka (forse la stessa che le versava addosso quando facevano l’amore); lei è sul letto e lui le gira intorno, il tutto in un perfetto e simmetrico piano sequenza a inquadratura fissa. Silent Souls mostra in modo poetico come l’amore sia in grado di superare la morte e sottolinea l’importanza di riti e tradizioni di fronte alle sfide esistenziali.

Francesca Galluccio
Titolo: Silent Souls / Titolo originale: Ovsyanki /  Regia: Aleksei Fedorchenko / Sceneggiatura: Denis Osokin / Fotografia: Mikhail Krichman / Montaggio: Serguei Ivanov, Anna Vergun, Violetta Kostomina / Scenografia: Ayrton Khabibulin / Musiche: Andrei Karasyov / Interpreti: Igor Sergeyev, Yuriy Tsurilo, Yuliya Aug / Produzione: Igor Mishin, Mary Nazari / Nazionalità: Russia, 2010 / Durata: 75’

67^ Biennale cinema – Meek’s Cut-Off (La scorciatoia di Meek)

67^ Biennale Cinema VeneziaPresentato in concorso alla recente 67^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, il film Meek’s Cut-off, dell’americana Kelly Reichardt, narra la storia di un gruppo di pionieri che, nel 1845, attraversa le aride regioni dell’Oregon in cerca di una terra dove stabilirsi.
Guidati da Stephen Meek, un personaggio realmente esistito, la carovana percorrerà una scorciatoia (da cui il titolo). Finiranno tuttavia per perdersi, l’acqua scarseggerà e l’unica speranza di sopravvivenza sarà un selvaggio catturato lungo il cammino. A questo punto, fidarsi o no del nemico dell’uomo bianco?! Il viaggio verso l’ignoto si trasforma in un percorso disperato, disegnato con ammirevole rigore formale.

Michelle Williams, Meek’s Cut-Off, Biennale cinema 2010, foto Francesca Galluccio
Michelle Williams, Meek’s Cut-Off, Biennale cinema 2010, foto Francesca Galluccio

La regista non è interessata al contesto storico. Quello che le sta più a cuore è la “gestione” dei rapporti interpersonali. Il senso del film infatti risiede nella dialettica dei protagonisti con gli spazi, i vuoti, i silenzi e soprattutto nella lenta emersione delle figure femminili, che da anime silenziose e devote ai loro compagni, diventano qui energiche protagoniste. All’interno si spazia dal tema della religione (più volte citato in alcune battute dai personaggi) alla paura, al razzismo, alla ricerca dell’identità femminile.
..”Ho iniziato a lavorare a questa storia, assieme allo sceneggiatore, che ha scoperto i fatti veri dell’avventura di Stephen Meek”, dice la Reichardt. “Mi sono poi focalizzata su un certo tipo di western, quello di autori come Nicholas Ray, William Wellman, Anthony Mann e Monte Hellman, cineasti che mettevano nelle loro storie anche un punto di vista femminile. Ho letto i diari delle donne che viaggiavano nelle carovane dei coloni, il loro modo pratico di risolvere le difficoltà”..
La Reichardt, già segnalata ai festival di Rotterdam e Torino e nota per Old Joy (2006) e Wendy&Lucy (2008), gioca sull’introspezione psicologica dei personaggi. Alla figura burbera e irrequieta di Meek (l’abile Bruce Greenwood) si contrappone quella riflessiva e progressista di Emily (una straordinaria Michelle Williams). Leggi tutto “67^ Biennale cinema – Meek’s Cut-Off (La scorciatoia di Meek)”