Pietro Beretta, Aure complementari, tecnica mista su tela, 40 x 40, serie “Sguardi”, 2019
Per tutto il mese di settembre 2020 i Ritratti Espressionisti dell’artista svizzero Pietro Beretta saranno in esposizione alla Galleria Café Imagina di Venezia. Beretta è nato nel 1942 ad Ascona, alle pendici del mitico Monte Verità, crocevia di culture, e – dalla sua fondazione, ai primi del Novecento, da parte di una colonia teosofica, vegetariana, e naturista – luogo d’incontro di alcune tra le più grandi personalità della cultura del secolo: da Carl Jung che vi tenne un circolo teosofico, Eranos, cui parteciparono alcuni tra i maggiori intellettuali dell’epoca (tra cui il primo mitografo dell’era contemporanea, Karoly Kerenyi, e il filologo Max Muller) allo scrittore Thomas Mann che vi s’ispirò per la sua Montagna incantata, ad Hermann Hesse e D.H. Lawrence, a Marianne Werefkin e Alexandre von Jawlensky, questi ultimi, espressionisti provenienti dal Blaue Reiter di Kandinsky. Furono a Monte Verità anche El Lizzitsky, Hugo Ball, Jean Arp e Hans Richter, esponenti di Dada e Cabaret Voltaire, Arthur Segal, e Rudolf Von Laban, Mary Wigwam, Isadora Duncan, Charlotte Bara, e poi il Bauhaus di W. Gropius con Albers, Bayer, Breurer, Schlemmer, Feininger, Schavinsky, Mohloy-Nagy (nell’era del barone Von der Heydt) con la costruzione dell’hotel di Emil Fahrenkamp (pare, disegnato da Mies van der Rohe), e, sembra, Lenin, Trotsky e Bakunin. che aveva vissuto nella vicina Minusio. Tra i pittori ricordo anche l’astrattista di seconda generazione Luigi Pericle, recentemente riscoperto in una mostra alla veneziana Querini Stampalia. Leggi tutto “Venezia / Pietro Beretta: I ritratti espressionisti”
In seguto al successo dell’allestimento milanese, la mostra Stanley Kubrik. Fotografo (1945-1950), curata da Rainer Crone, si terrà fino al 14 novembre nel veneziano Palazzo Franchetti Cavalli, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. Qui sono in esposizione duecento fotografie provenienti dalla Library of Congress di Washington e dal Museum of the City di NY, dove vengono conservati circa 20.000 negativi dell’artista americano, recentemente riscoperti. Infatti ben poco era noto del Kubrik fotografo, che si cimentò dietro l’obiettivo della sua rolleiflex dal 1945 al 1950, periodo in cui, a soli 17 anni, fu assunto dalla rivista “Look”.
Fin dalle prime immagini in mostra, rigorosamente in bianco e nero, ci si rende conto che in ogni foto c’è una storia e c’è già un piccolo film. Nonostante i soggetti siano neorealisticamente tratti dalla strada, dei luoghi di studio, di lavoro, di divertimento della gente comune, la foto in realtà è studiata e costruita con la perfezione formale che si rivelerà successivamente nel cinema di Kubrik. Forte è anche il senso di partecipazione sociale dell’autore. Il curatore cita il contemporaneo Cartier-Bresson: “Per dare un significato al mondo bisogna farsi coinvolgere dalle scene che compaiono nel mirino. Questo atteggiamento esige concentrazione, disciplina mentale, sensibilità, senso della geometria. E’ risparmiando sui mezzi che si arriva alla semplicità dell’espressione.” Le scene di lavoro dei pescatori di Nazare, nel Portogallo (1948), sono affidate a chiarosuri netti e al contrasto delle vesti color inchiostro delle donne con la traslucente trasparenza dell’acqua, la densità dell’aria e l’arsa luminosità della sabbia. Se nelle intense sequenze dei lavoratori prevale l’espressionismo costruttivista, la descizione dei turisti ripresi in albergo, al café o tra le architetture moresche si rivela lo stile di una costruzione cinematografica hitchkockiana e i tagli grandangolari di Orson Welles. Risale al 1947 la storia narrata per immagini della giornata di un lustrascarpe, che finisce davanti al cinema dove danno il Libro della Giungla di Alexander Korde; osservando l’allevamento di piccioni viaggiatori che il ragazzino ha allestito sui tetti di New York non si può non pensare al più tardo Fronte del Porto (1954). Stanley Kubrik documenta poi gli esperimenti alla Columbia Universty, dove Bohr dimostrò la qualità fissile dell’uranio; le foto ritraggono studenti e professori; quella degli scienziati con il ciclotrone rimanda subito ad una spy story. Descrive l’universo del Circo, visto da dietro e fuori le quinte, cogliendone i cliché: gli acrobati, il domatore, i clown, i cuccioli animali e umani, i personaggi particolari e il notturno con il cameo dello spettacolo al suo interno. Le pose dell’attrice debuttante, il furgone cellulare ripreso con polizia e delinquenti, la vita degli studenti nell’ateneo del Michigan – il primo ad accettare le donne nel 1870 – la città degli orfani (Mooseheart), il jazz club e, a conclusione della mostra, il corto finale focalizzato sulla storia di un pugile (che cita l’opera prima di Kubrik, Prizefighter, del ’49), Killer’s Kiss (1955), rivelano la professionalità e allo stesso tempo la prossimità ai soggetti di questo autore straordinario, che inizia con la fotografia, ma è già nel cinema, che dialoga con i maestri e con i contemporanei passando con disinvoltura da un registro all’altro e mantenendo tutavia la coerenza e limpidezza di stile che lo contraddistigueranno in tutto il successivo iter cinematografico.
Stanley Kubrik. Fotografo Venezia, Palazzo Cavalli Franchetti Campo Santo Stefano 28 agosto – 14 novembre 2010 10:00 – 19:00 (la biglietteria chiude alle 18:30) tel. 199.199.111 www.mostrakubrick.it