Il museo del Novecento nel cuore di Milano

mberto Boccioni, Forme uniche di continuità nello spazio, bronzo, 1913
Umberto Boccioni, Forme uniche di continuità nello spazio, bronzo, 1913

Finalmente, dopo un secolo d’attesa, i milanesi hanno ottenuto una loro galleria permanente d’arte contemporanea, il nuovo Museo del Novecento, recentemente inaugurato con grande successo nel Palazzo dell’Arengario, incompiuto architettonico di mussoliniana memoria in corso di ristrutturazione dal 2007 (architetti Italo Rota e Fabio Fornasari), dotato di un fregio storico di Arturo Martini.

Una rampa elicoidale in metallo post-futurista connette le gallerie della metropolitana direttamente al museo, le cui ampie vetrate si aprono su piazza Duomo, regalando generose vedute del centro storico.
Il percorso museale, che in circa 4.000 metri quadri ospita circa 350 opere d’arte contemporanea delle collezioni civiche, si apre simbolicamente con Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, opera emblematica delle lotte dei lavoratori ottocentesche che introduce, nella Sala delle colonne, ai capolavori della collezione Jucker: qui figurano i nomi più importanti dell’avanguardia internazionale, come Picasso, Braque, Modigliani, Morandi, Kandinsky, Klee e i capisaldi storici del Futurismo, che in questa sede annovera il maggior numero di opere in assoluto. Il fondo Canavase, in particolare, ha consentito l’esposizione più cospicua della produzione di Boccioni e, inoltre, sono presenti titoli di straordinaria qualità come La bambina che corre sul balcone di Balla e Il cavaliere rosso di Carrà. Quindi vi sono gli spazi dedicati al ritorno all’ordine di Novecento, con Donghi, Sironi e la metafisica di De Chirico. Il maestro della metafisica è celebrato anche in un allestimento molto discusso, quello dell’affascinante Fontana dei bagni misteriosi, prcedentemente collocata negli spazi della Triennale.
Il museo propone grandi artisti legati alla realtà di  Milano o del collezionismo milanese, come può essere un altro genio della scultura novecentesca, Fausto Melotti, di cui è presente un’intera collezione di opere astratte degli anni Trenta e lo strepitoso Lucio Fontana, cui è riservata una sala panoramica all’ultimo piano. Qui campeggiano i suoi famosi Concetti spaziali (collezione Boschi-Di Stefano), accanto a pitture e sculture in materiali diversi e, specialmente, l’arabesco al neon realizzato nel 1951 per la Triennale. Sono presenti poi opere dell’astrattismo italiano postbellico, l’informale di Burri, il concettuale di Manzoni, l’arte cinetica e programmata (il milanese “Gruppo T”), la Pop italiana e per concludere, Jannis Kounellis , Mario Merz, Gilberto Zorio, Luciano Fabro con l’Arte Povera, proseguendo idealmente fino al 1968. La città ora attende un nuovo museo che racconti il seguito della storia.

Museo del Novecento
Via Marconi, 1 (zona piazza Duomo)
20122 Milano
lun 14.30-19.30; mar-ven e dom 9.30-19.30; gio e sab 9.30-22.30
Ingresso gratuito fino al 28 febbraio 2011
www.museodelnovecento.org
c.museo900@comune.milano.it

Il desiderio di libertà di Osvaldo Licini alla GAM di Torino

Osvaldo Licini 'Amalassunta su fondo blu'
Osvaldo Licini Amalassunta su fondo blu, 1950 olio su tela, cm 20.5 x 27 Collezione privata

Presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino, dal 24 ottobre 2010 al 30 gennaio 2011, viene presentata un’ampia retrospettiva di Osvaldo Licini, maestro dell’astrattismo italiano ed internazionale, nato nel 1894 a Monte Vidon Corrado e deceduto nel 1958.

Affidata ad un comitato scientifico composto da Zeno Birolli, Luciano Caramel, Fabrizio d’Amico, Danilo Eccher e Riccardo Passoni, la rassegna presenta cento capolavori provenienti dalle collezioni di Silvia e Lorenzo Licini, di Bruno e Matteo Lorenzelli, oltre che da importanti collezioni pubbliche e private, comprese le opere appartenenti alla collezione permanente del GAM.

Sono esposti, in un percorso cronologico, i quadri degli esordi, segnati dal periodo parigino, altre opere in cui si riconosce l’avvicinamento all’astrattismo internazionale, fino alle ultime creazioni caratterizzate dai temi fantastici delle Amalasunte e degli Angeli ribelli, quest’ultime appartenenti alla stagione più mitica e poetica della produzione dell’artista.

Figura di notevole spessore artistico ed intellettuale, Licini, benché schivo ed apparentemente appartato, ha saputo imprimere nella pittura italiana una propria geniale espressione, costruita con straordinaria consapevolezza del suo essere artista complesso, profondamente coinvolto nelle problematiche culturali di quegli anni e nel contempo distanziato e provocatorio. Nella sua opera, pur alimentata da un’incessante riflessione e da contatti importanti, tra i quali ricordiamo Modigliani, Picasso e Kandinsky, emerge ininterrotto un filo di sottile diversità che pone l’artista in un singolare confronto dialettico con i movimenti dell’arte del suo tempo, siano essi figurativi o astratti. In particolare si evidenzia un atteggiamento intellettuale fortemente autonomo ed anticonformista, retaggio di quel ribellismo futurista a cui l’artista si era ispirato nel periodo giovanile trascorso con l’amico Giorgio Morandi presso l’Accademia delle Belle Arti di Bologna.

Ne è esempio tra tutti la serie degli ‘Angeli Ribelli’, figure mitiche e letterarie connotate da uno straordinario lirismo trasgressivo. In realtà, trattasi di modelli simbolici assunti a rappresentazione di un assoluto desiderio di libertà fuori dagli schemi culturali e da ogni regola, anche della stessa pittura, votati, per sorte o per necessità, ad errare in uno spazio etereo e solitario, intensamente poetico ed incerto.

Vanni Cantà

Osvaldo Licini: capolavori – Masterworks
dal 24 ottobre 2010 al 30 gennaio 2011
GAM-Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea
Via Magenta, 31 10128 Torino – Italy
+39 011 4429518 centralino
+39 011 4429595 segreteria
gam@fondazionetorinomusei.it
Orari collezioni e mostre
Da martedì a domenica dalle 10.00 alle 18.00
Lunedì chiuso. La biglietteria chiude un’ora prima
www.gamtorino.it

Mario Sironi – Il ciclista (1916)

Mario Sironi - Il ciclista, collezione Peggy Guggenheim
Il ciclista (1916) Olio su tela, 96 x 71 cm Fondazione Peggy Guggenheim Venezia © Mario Sironi, by SIAE 2008

Omaggio nel 2008 dei coniugi Pandini alla Fondazione Peggy Guggenheim, Il Ciclista di Mario Sironi è una delle opere più interessanti tra quelle di recente acquisizione.
Nato a Sassari, Sironi frequentò l’Accademia di Belle Arti di Roma e lo studio di Giacomo Balla ed ebbe tra i suoi amici Gino Severini e Umberto Boccioni.
Trasferitosi a Milano, Mario Sironi aderì al Futurismo, condividendo l’esperienza bellica di volontario ciclista assieme a Marinetti.
“Il ciclista” appartiene a questo periodo, ma la pittura dell’artista si dimostra già molto personale.
Iinfatti Sironi non pare interessato a rendere il movimento – tema forte del Futurismo -: in questa ipera i campi di colore sono netti e l’attenzione cade sui volumi.
Tuttavia, pur interessato al Cubismo come anche alla pittura Metafisica di De Chirico – che cercava l’integrazione tra la tradizione artistica italiana e la sua avanguardia moderna, proponendo volumi solidi e monumentali e forme nettamente definite – Sironi  certamente aderisce alla poetica del Futurismo.

Possiamo ascoltare un commento sull’opera Il ciclista grazie agli Icecubes di Ca’ Foscari:

ascolta: Il ciclista di Sironi

Approfondimenti sulla collezione sul sito della Fondazione Peggy Guggenheim.