Fino al 5 giugno sarà possibile visitare gratuitamente negli storici palazzi Roncale e Roverella di Rovigo l’esposizione Al primo sguardo, che conta circa duecento opere appartenenti alla Fondazione Cariparo, che è anche proprietaria del Roncale. L’evento è stato realizzato in collaborazione con l’Accademia dei Concordi e la sua Pinacoteca, quest’ultima parzialmente fruibile tra le mura rinascimentali di fabbrica ferrarese del palazzo Roverella. Qui ha sede anche l’evento centrale della mostra, ovvero la presentazione al pubblico dell’inedita Collezione Centanini, recentemente pervenuta alla stessa Fondazione. Leggi tutto “Rovigo / Palazzi Roncale e Roverella. La collezione Centanini e le raccolte Cariparo aperte al pubblico”
Giacomo Di Chirico, Uno sposalizio (costume di Basilicata), 1877, Collezione privata, Messico
In concomitanza con l’arrivo nella città di Rovigo di un’opera di Giacomo Di Chirico (Venosa, Pz, 1844 – Napoli, 1883) che non era stata esposta da ben 136 anni, si segnala che il pittore veneziano Giovanni Biasin (Venezia, 1834 – Rovigo, 1912) tra le pagine dei suoi taccuini d’artista annovera un disegno intitolato Impressione da un quadro di De Chirico , che trae alcuni elementi fondamentali dal quadro del pittore lucano oggi esposto a Palazzo Roverella, il celebre Uno sposalizio (costume di Basilicata)del 1877, mentre l’impianto generale della scena è da riferirsi piuttosto ad un altro quadro del Di Chirico, che il Biasin non nomina: Passa il Santissimo. In realtà il disegno è un omaggio al verismo desanctisiano dell’artista lucano e alla freschezza della sua invenzione, così vicina alle più genuine tradizioni popolari. Lo Sposalizio, oggi esposto alla mostra nel rodigino Palazzo Roverella,“Il successo italiano a Parigi negli anni dell’impressionismo: la Maison Goupil”, già presente nella collezione Goupil di Bordeaux, è stato recentemente reperito in Messico. I dipinti dell’autore lucano godettero a loro tempo di una discreta fama ed il pittore fu inoltre insignito, tra i vari premi, della croce di cavaliere della Corona d’Italia.
Giacomo Di Chirico, Processione, copia
Utilizzando il termine “impressione”, il decoratore veneziano dichiara un’affinità con la poetica dei maestri francesi dell’ultimo quarto dell’Ottocento, e indica la propria fonte genericamente in “un quadro” del Di Chirico, ma in realtà le fonti saranno almeno tre, liberamente reinterpretate nei termini di un realismo più schietto (sgombro dall’artificio atmosferico della neve, presente in entrambi i quadri) e dell’immediatezza di uno studio disegnato. La visione si focalizza sulla coppia centrale, isolata al centro della gradinata, nonostante il contesto sia quello di una processione cristiana, forse quella della Domenica delle Palme (titolo, tra l’altro, di una famosa opera del Di Chirico esposta a Ferrara nel 1874), con tanto di ombrelli rituali e rameggio, anche se sagome interpretabili come quelle di religiosi in preghiera restano sul fondo, inginocchiate, in attesa del passaggio delle sacre icone, non visibili.
Si adombra così il tema stesso dello Sposalizio, quello di un matrimonio celebrato in provincia, in cui si sfoggiano abiti eleganti in un contesto di generale povertà, tuttavia nobilitato dall’imponenza dei monumenti carichi di storia e dalle vestigia di una passata opulenza, che tuttora caratterizza i piccoli centri italiani, specialmente nel meridione. Di Chirico affronta il tema della coppia che scenda una gradinata attraversando un arco in altri due quadri di questa serie di festività familiari: Il Corteggiamento e il Battesimo.
Giovanni Biasin, “Impressione da un quadro di Di Chirico”, 1878 ca., Album G della collezione Eredi Luigi Stocco
Nello Sposalizio del lucano Di Chirico è la chiesa maestosa sulla sinistra a fare da protagonista, con l’ampia scalinata barocca, dotata di un elegante balaustra e gremita dagli attori della cerimonia, da astanti e i musicisti a destra, sul sagrato.
Giovanni Biasin invece preferisce raffigurare la processione/corteo nuziale nella cornice di un borgo popolare, entro l’ampia luce di un arco tardo antico, la cui invenzione è tratta dal menzionato Passa il Santissimo: quindi, relegata la chiesa a fondo campo e ruotata la scena centrale dello Sposalizio di 90 gradi, la coppia di sposi che scende la gradinata, da sinistra, è spostata al centro del quadro e la ragazzina con la corda in mano, è trasferita ne ragazzo a destra, che reca un ramo di palma. La coppia a sinistra si ripara dalla pioggia primaverile con un ombrello uguale a quelli “rituali” che riparano il gruppo sul fondo, in cima alla gradinata. Si allude, quindi, ad una cerimonia particolare, anche perché il velo della donna, di foggia antica e il ragazzo sulla destra, che canta agitando un ramo di palma (in luogo dei musicisti del Di Chirico) indicherebbe un matrimonio ebraico, forse pensato per la ricca committenza israelita del Biasin, riscattatasi socialmente con il Risorgimento. I copricapi dei religiosi, tra l’altro, presentano la foggia frigia, come i tre Re Magi effigiati nei mosaici della chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna. Ravenna era anche una delle famiglie di committenti più vicine ai Biasin. Si ricorda inoltre, a confermare la presenza storica di comunità ebraiche di origine ellenica in Lucania, che nel 1853 a Venosa, terra natale del Di Chirico erano state scoperte catacombe ad esse riferite. Il d’après di Biasin è stato disegnato a matita (tra il 1877 e il 1882), poi ripassato a penna e inchiostro nero e quindi ombreggiato con acquarello a monocromo. Il supporto di carta bianca vergata, oggi ingiallita dal tempo è la pagina 34 dell’Album G. Quest’ultimo, insieme agli altri quaderni d’artista di Giovanni e Vittorio Biasin – di proprietà degli eredi Luigi Stocco e temporaneamente conservati presso la rodigina Accademia dei Concordi – è attualmente in attesa di pubblicazione presso le edizioni degli stessi Concordi. Nel periodo di apertura della mostra sarà finalmente visitabile anche la Pinacoteca dell’Accademia, congiunta a quella del Seminario Vescovile, che resta gran parte dell’anno chiusa per mancanza di personale. Si auspica che l’intensificarsi dell’attività espositiva nella città di Rovigo sia d’incentivo alla necessaria valorizzazione del ricco patrimonio artistico e culturale esistente nel capoluogo polesano.
Il successo italiano a Parigi negli anni dell’impressionismo:la Maison Goupil Rovigo, Palazzo Rovella via Laurenti 8/10 22 febbraio – 23 giugno 2013 orari: mar-ven 9.00-19.00; sab 9.00-20.00;festivi 9.00-20.00 Tel.0425 460093 info@palazzoroverella.com www.mostragoupil.com
Brunalba. china a tratto bianca e nera su carttoncino azzurro senza data (inizio anni '60)
Fino al 23 dicembre 2010 al Palazzo Roverella di Rovigo si potrà visitare la mostra ‘Tono Zancanaro , un disegno degli dei’.
Intervistiamo in questa occasione Manlio Taddeo Gaddi, responsabile dell’Archivio Tono Zancanaro ed erede spirituale del maestro patavino che ha incantato generazioni con il realismo dei suoi Carusi, ilsegno “attico” delle sue Levane e Brunalbe e con la satira tonante del Gibbo mussoliniano.
Come è nata l’idea di una grande mostra su Tono Zancanaro a Rovigo?
Sono trascorsi venticinque anni dalla morte di Tono Zancanaro (Padova, 1906 – 1985), ed i suoi lavori sono ancora oggi freschi ed attuali, tanto da precorrere lo sviluppo politico e sociale odierno. Questa mostra, sollecitata soprattutto dagli amici Gabbris Ferrari e Giorgio Mazzon, è stata subito accolta dalla sensibilità dei responsabili della Fondazione Cassa di Risparmio.Per questo anniversario sono state allestite anche una mostra sull’opera grafica al museo di Peccioli (PI) e un’altra alla Eastoriuck Collection di Londra, dedicata al Gibbo.
In base a quale criterio sono state scelte le opere in esposizione?
Secondo un percorso cronologico di una selezione dei “cicli” che hanno caratterizzato l’opera di Zancanaro, partendo dai primi lavori disponibili risalenti agli inizi degli anni ’30 per finire con tre opere realizzate poco prima della morte. Non è stato possibile esporre tutti i cicli di Tono: abbiamo dato spazio ad alcuni dei più importanti (come il Gibbo) oppure a quelli legati al territorio come nel caso dell’alluvione del Polesine. Relativamente alle opere, è da sottolineare come alcune a sfondo politico, ancora oggi assolutamente attuali, non hanno potuto essere esposte per il loro contenuto dissacratorio. L’ampiezza degli spazi del Roverella ha consentito l’installazione di alcune teche per l’esposizione di terrecotte e ceramiche, fra i lavori meno noti di Tono ma non meno importanti. In esposizione circa 160 opere, tutte accuratamente selezionate con l’aiuto di Ferrari e Mazzon.
Tono Zancanaro, Gibba Gaetana Snaroctona, china a tratto del 1943
Quali sono i momenti salienti della mostra?
Un po’ tutta la mostra, per vari motivi, è un insieme di opere da valutare attentamente: da primi lavori degli anni trenta quando era allievo di Rosai, le tavolette disegnate ad olio sulle due facciate per motivi economici, i disegni del Gibbo, il ciclo della Levana, i lavori dell’alluvione e delle mondine, il Neogibbo con i giochi di parole (le Ipotesi azzardate delle problenatiche), i Mostri Palagonesi, le Brunalbe, le Circi, i Carusi, le opere dedicate a Padova, le incisioni in cavo, i ritratti dei genitori, le ultime opere del 1985. Volendo dare una indicazione, consiglio di soffermarsi nella settima sala, dopo i Mostri Palagonesi, dove si trovano solo cinque opere fra cui spicca, a ricordare il rapporto che Tono ha avuto con i maggiori esponenti della vita culturale italiana (da Moravia a Carlo Bo, dai Sellerio a Guttuso, da Treccani a Sciascia per citare alcuni esempi) il ritratto ad olio che Carlo Levi realizzò nel 1971, suggello di una amicizia e di un rispetto reciproci portato fino alla fine. Nella stessa sala i ritratti dei genitori (quello del padre è uno dei pochi a volto scoperto: più frequentemente appare – come si vede nel quadri inserito nel ritratto della madre – addormentato sul tavolo della cucina con il capo appoggiato sulla mano), il ricordo del Partigiano impiccato dove la madre è la sua stessa madre, ed il carboncino del vecchio prigioniero dietro le sbarre (si appoggia anche ad un bastone, simbolo di vecchiaia) cui tutto è negato. Leggi tutto “Tono Zancanaro al Roverella di Rovigo”